Elena De Filippo, premiata da Mattarella: “Medaglia per chi crede che un altro mondo sia possibile”

La presidente della cooperativa Dedalus premiata da Matterella per l’impegno civile. Una vita passata in un impegno serio e concreto al servizio degli altri.
A cura di Antonio Musella
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Attualmente è la presidente della cooperativa Dedalus, dove è entrata a metà degli anni '80 da studentesse universitaria e ricercatrice. Elena De Filippo ha condotto una carriera professionale all'insegna della solidarietà, dell'impegno civile, contro il razzismo e l'odio. È tra gli insigniti della medaglia all'ordine del merito conferita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, proprio per il suo impegno sociale.

Un impegno svolto attraverso la Dedalus, un fiore all'occhiello del terzo settore a Napoli, e tra le realtà più competenti a livello nazionale sul tema delle migrazioni e della coesione sociale. Fanpage.it ha raccontato come sono nati i progetti che oggi animano il lavoro degli operatori. Sono molte le persone che da utenti dei servizi sono diventati poi operatori o soci, pronti ad aiutare a loro volta chi si trova oggi nelle stesse condizioni in cui si erano trovati in passato.

"Tutto iniziò dal movimento antirazzista"

Oggi Dedalus è una cooperativa sociale affermata impegnata anche i progetti complessi, come quello della mediazione culturale legata alla riqualificazione di Piazza Garibaldi a Napoli. Ma i primi passi sul tema delle migrazioni sono stati mossi proprio da Elena Di Filippo. "Incontrai Dedalus per caso, come spesso avviene, da studentessa nella metà degli anni '80 – ci racconta – partecipai al prima indagine nazionale sulle migrazioni, e mi appoggiai a Dedalus, mi serviva una cooperativa per ottenere i rimborsi spesa".

Ma poi da lì, iniziò un percorso che dura ancora oggi da quasi 40 anni. "Con l'omicidio di Jerry Masslo demmo vita, insieme ad altre realtà che erano già attive sul tema, ad un movimento antirazzista, spiega De Filippo, che all'inizio degli anni '90 visse una stagione felice. È proprio grazie a quel movimento antirazzista, alle esperienze accumulate e alla capacità di fare rete che tutto ebbe inizio davvero. Quell'impegno politico e civico era alla base di tutto, e poi si è trasformato anche in una competenza che ho deciso di spendere nella cooperativa".

Nascono così i primi progetti anche sulla spinta delle prime leggi sul settore come la Turco – Napolitano, con i percorsi di coesione sociale e di integrazione per i migranti che proprio in quegli anni iniziavano ad arrivare più numerosi nel nostro paese ed in Europa. "Il primo progetto fu di accesso ai servizi per donne migranti, me lo ricordo ancora – spiega Elena De Filippo – poi piano piano sviluppammo altri progetti, come quello per i minori stranieri non accompagnati. Noi andavamo ai semafori, dove facevano i lavavetri, e ci andavamo con i primi mediatori culturali, pensa che all'epoca non esisteva nemmeno la qualifica professionale per i mediatori, riuscimmo ad ottenerla solo dopo".

Iniziano poi ad arrivare altri progetti, come quelli per le donne vittime di tratta e le case rifugio. "Il progetto per le donne vittime di tratta gira intorno al camper con cui gli operatori vanno in strada – racconta la presidente di Dedalus – ed incontrano ragazze, spesso minorenni, persone transgender, e provano a costruire un rapporto di fiducia, non giudicante. Ed è da quel rapporto che poi si riesce ad offrire un accesso ai servizi, a dare un'alternativa alla strada".

Un'area di Officine Gomitoli
Un'area di Officine Gomitoli

Zaami, Rosa e Dilal, da utenti ad operatori

I progetti più intensi di Dedalus sono stati quelli legati agli interventi sui minori stranieri non accompagnati, soprattutto quelli finalizzati all'orientamento e formazione al lavoro. Progetti che sono riusciti ad aiutare moltissimi ragazzi migranti, ad avviarli al mondo del lavoro e a garantirgli un presente e un futuro, spesso grazie alla tenacia e alla lungimiranza di Eduardo Sorvillo detto Pierino, uno degli operatori più bravi della Dedalus e tra le figure più amate nel mondo del terzo settore, scomparso pochi anni fa.

"Io ho conosciuto Dedalus in carcere – ci racconta Zaami Abdelfatharero venuto in Italia nel 2000, come minore non accompagnato e finii in carcere. Prima ad Airola e poi a Nisida, sono istituti di pena per minorenni. Lì conobbi i progetti di Dedalus, proprio grazie a Pierino. A fine pena feci un tirocinio formativo a Dedalus e poi fui confermato, e oggi sono 20 anni che sto qua". Da utente a operatore della cooperativa, una storia che qui, nella sede della coop ad Officine Gomitoli a Porta Capuana hanno vissuto in tanti, ben 18 persone.

"Elena per me è stata una seconda mamma – dice Zaami – sono cresciuto con i suoi figli, siamo cresciuti insieme, mi ha cresciuto lei. Qui siamo come una famiglia". Ma anche dalle reti sociali sono arrivate altre persone in difficoltà che poi hanno cambiato la propria vita anche grazie a Elena De Filippo.

Rosa Rubino, donna transgender che si avvicinò alla cooperativa grazie all'ATN (Associazione Trans Napoli) di Loredana Rossi è un'altra delle storie che si incontrano nella cooperativa. "Io sono orgogliosamente una donna trans – ci racconta – venni qui per un semplice colloquio con l'area orientamento al lavoro e così iniziai a fare i tirocini. Poi ci fu la possibilità di lavorare qui in segreteria e da quel momento sono rimasta qui. Oggi sono una delle socie della cooperativa. Elena è una donna buona, perché è una persona che ti accoglie".

Negli ultimi anni Dedalus si occupa non solo dei migranti ma anche di tutte le persone in difficoltà iniziando un lavoro territoriale anche sulla città. Ed è proprio grazie a quel lavoro territoriale che nuove persone vengono intercettate continuamente e riescono a emergere e prendere in mano la propria vita. "Io lavoravo al bar, portavo i caffè prima di conoscere Dedalus" spiega Dilal Hosseni, arrivato dal Bangladesh in Italia, con un barcone su cui era salito in Grecia. È stato prima a Bari e poi a Napoli, proprio nella zona di Piazza Garibaldi, e qui ha incontrato gli operatori de Dedalus. "Anche io sono passato dall'area formazione e lavoro e oggi sono un operatore sociale di questa cooperativa – racconta – Elena è stata un punto di riferimento, sempre sorridente e gentile".

Il laboratorio tessile
Il laboratorio tessile

"Un riconoscimento a chi crede in un altro mondo possibile"

Negli ultimi anni, da quando si sono trasferiti nella zona di Porta Capuana, gli operatori di Dedalus hanno iniziato a lavorare anche sui cosiddetti migranti di seconda generazione. "Abbiamo iniziato ad occuparci di coesione scolastica, aiutando i ragazzi a scuola e in percorsi ricreativi e di integrazione" spiega. È nata così Officine Gomitoli che raccoglie ragazzi e ragazze nati a Napoli, o arrivati qui da piccolissimi, figli di famiglie migranti. Vengono seguiti negli studi di ogni ordine e grado, seguono corsi, fanno socialità, hanno anche fondato un gruppo musicale. E poi c'è il laboratorio di cucito, grazie al progetto "Ciak si cuce", un laboratorio tessile animato da cittadini migranti.

"Noi in qualche modo intravedevamo i pericoli della nascita di una società più incline al razzismo – spiega Elena De Filippo – soprattutto vedevamo come l'immigrazione può essere strumentale a una classe politica che vuole fomentare la separazione tra le persone, soprattutto le persone più povere. Noi cerchiamo di sfatare questo racconto e cerchiamo di fornire una narrazione diversa".

Coesione scolastica, integrazione, orientamento al lavoro, emancipazione, sono queste le direttrici delle attività della struttura portata avanti da Elena. La decisione del Presidente Sergio Mattarella di premiare questa esperienza è senza dubbio un segnale molto forte. "Per noi è un segnale molto importante quello che abbiamo ricevuto dal Presidente della Repubblica – sottolinea la De Filippo – io credo che sia una medaglia per tutti coloro che credono che un mondo migliore sia possibile".

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