È morto Giuseppe Borrelli, il “nonno Whirlpool”. Ai lavoratori disse: “La fabbrica è nostra. Non mollate”
È morto, mercoledì 1° dicembre, all'età di 87 anni, Giuseppe Borrelli conosciuto come "nonno Whirlpool". Classe 1934, Giuseppe era pezzo della storia industriale napoletana ed era diventato un punto di riferimento per i lavoratori dello stabilimento di via Argine. Entrato per la prima volta in quella che all'epoca era la Ignis Sud nel lontano agosto del 1964, di fatto non aveva mai abbandonato quella fabbrica in cui ha lavorato per 34 lunghi anni: un impiego faticoso, ma verso cui ha sempre mostrato una grande dedizione. Nonno Whirlpool arrivò ai cancelli della Ignis Sud dopo che fu assunto il fratello maggiore Ciro.
«Scaricavo i camion a mano – aveva raccontato Giuseppe – selezionando il materiale per modello. Il lavoro era molto massacrante, ricordo quando scaricavamo i contrappesi di ghisa 11 kg al pezzo e dovevamo sistemarli per bene su di una pedana in cinque minuti: lavoravamo come animali. Dopo molti anni arrivarono i muletti e li ho cominciato a consumare la mia mano». Per lui, la fabbrica era diventata una seconda casa: durante questi anni di vertenza Whirlpool, non si è mai risparmiato, sostenendo i lavoratori e lottando al loro fianco.
Giuseppe, figlio a sua volta di un operaio, ha ricordato più volte ai lavoratori della Whirlpool che anche lui e i suoi colleghi lottarono per impedire la chiusura della fabbrica all'inizio degli anni Settanta: «Dovete continuare a lottare proprio come abbiamo fatto noi in quegli anni. Quella fabbrica è nostra e noi vecchi l'abbiamo lasciata a voi e voi, nostri figli, dovete difenderla con i denti, non dovete mollare». Carmela, figlia di Giuseppe, che proprio in quella fabbrica ha conosciuto il suo attuale marito Francesco Petricciuolo, ha pubblicato una lunga lettera per ricordare suo padre e punto di riferimento per i lavoratori che in questi anni hanno cercato di impedire che venisse messo un punto alla storia dello stabilimento di via argine lunga 56 anni.
La lettera della figlia, Carmela Borrelli
A mio padre
che in quella fabbrica ci ha lavorato 35 anni e che ha indossato la nostra maglia dal primo giorno.
Ciao Nonno Whirlpool come ti senti oggi?
-Cosi così piccerè
Cosa c'è che non và?
-A man tremm e mi fa male
Che cos'è quel vuoto che hai li tra pollice ed indice?
-Sapisse piccerè se cunsumat
Come si è consumata, che hai fatto?
-E stat a fatica, a fatica assaje
Che lavoro facevi?
-O carrellist, guidavo o' mulett e o' pomello do sterzo ma cunsumat l'osse.
Caspita e perché ti ha consumato le ossa?
-Quann sono entrato a faticà e mulett non erano com' e mò o sterzo primm eran tuost e rote nun giravan, quann turnava a case a mane abbruciav
E non potevi lamentarti con il tuo capo?
lamentarti?
-No, nun putev
Perché non potevi lamentarti?
-Nun se puev fa', a fatica ch'ella là era
Capisco, quanti anni sei stato sul muletto?
-Chiù e trent'anni
Dove lavoravi?
-Arò faticav? All'Ignis la fabbrica di lavatrice
Ti va di raccontarmi un po' la tua storia?
-A storia mia? (sorride) è stat na' guerra
assiettete piccerè ca' storia è long assaje
Nonno Whirlpool:
" La mia famiglia era numerosa, eravamo 6 figli, mio padre lavorava nella Smeg ma la paga non bastava, soffrivamo la fame e ci arrangiavamo con quello che c'era, senza lamentarci, abituati alla sofferenza della guerra, quel poco che avevamo era già tanto. Subito dopo il servizio militare in marina iniziai a lavorare nei campi in cambio di un qualcosa da portare a casa e qualche spicciolo.
Mio fratello più grande, Ciro, seppe che c'era una nuova fabbrica a Barra, nel nostro stesso quartiere, cercava operai, l'Ignis Sud, si presentò e fu assunto.
Qualche mese dopo, decisi di provarci anche io.
Un mattina di Agosto del 1964 di buon ora mi presentai ai cancelli della Ignis, chiamai i guardiani e mi accompagnarono all'ufficio del direttore bussai ed entrai:
-"Buon giorn direttò scusateme, je vulesse faticà diciteme c'aggia fà"
Direttore: noi cerchiamo operai specializzati tu che sai fare?
-Direttò io in verità saccio sulo scupa n'terr
Il direttore mi guardò si mise a ridere e mi disse:
Eh questo pure serve, la prossima settimana vieni a lavorare.
-La settimana dopo mi presentai a lavoro mi venne a prendere il capo reparto del magazzino generale il Sig. Maggetta, da quel giorno iniziai il mio lavoro lì in quello stesso reparto fino a quando non sono andato in pensione.
Scaricavo i camion a mano, selezionando il materiale per modello, il lavoro era molto massacrante, ricordo quando scaricavamo i contrappesi di ghisa 11 kg al pezzo e dovevamo sistemarli per bene su di una pedana in 5 minuti, lavoravamo come animali. Dopo molti anni arrivarono i muletti e li ho cominciato a consumare la mia mano. Abbiamo fatto una vita di sacrifici, lavorato duro ma anche lottato tanto, proprio come voi. All'inizio degli anni 70 ci fu comunicato che la fabbrica sarebbe stata chiusa.
Eravamo quasi 1500 operai ci chiudemmo dentro in fabbrica e la occupammo. Formammo delle squadre, organizzammo le ronde che giravano il perimetro, altri, invece, difendevano i cancelli dalla polizia che tentava di entrare. Le famiglie dai cancelli ci portavano il cibo mentre la popolazione locale ci sostenevano moralmente.
Dopo tre mesi di lunga lotta vennero in fabbrica Berlinguer, Marino e Napolitano e ci dissero: "ragazzi abbiamo vinto" fu una vittoria che ha mantenuto la fabbrica fino ad oggi aperta e voi dovete continuare a lottare proprio come abbiamo fatto noi in quegli anni. Quella fabbrica è nostra e noi vecchi l'abbiamo lasciata a voi e voi, nostri figli dovete difenderla con i denti, non dovete mollare mai.
Grazie papà sei un mito!
Nonno Whirlpool ha resistito un giorno in più al padrone poi ci ha lasciato a miglior vita.