Dopo le ultime scosse di terremoto ai Campi Flegrei a dura prova i nervi dei residenti, fra teorie e paure

Anche questa notte è passata. Una scossa venerdì sera magnitudo 3.5 alle 19.44 avvertita in tutta Napoli e l'altra, nettamente più lieve, 2.0, sentita solo nel circondario flegreo. La vita è andata avanti: ieri a Fuorigrotta c'era un grosso concerto e non è stato fermato, anche se qualcuno ha evitato di andarci.
Ormai i napoletani sono dei sensori umani. E nei bar, negli uffici, tra le persone a pranzo e a cena la discussione dominante è quella sul terremoto. Un paio di generazioni conoscono bene l'esperienza, vissuta col sisma d'Irpinia e Basilicata e con le crisi bradisismiche degli anni Settanta e Ottanta. Poi c'è chi sta scoprendo lo stillicidio dei Campi Flegrei in questi ultimi anni: il sollevamento del suolo, le micro scosse incessanti e ogni tanto «'a botta», così la chiamano.
Chi vive in zona Solfatara, a Pozzuoli, Quarto, a Bagnoli, non ce la fa più da tempo: i boati che anticipano quel rumore tetro del sisma, il mondo che cigola intorno a te, la terra che tradisce, viene meno sotto i piedi.
Le strambe teorie sui terremoti ai Campi Flegrei
La lista dei terremoti fornita dall'Ingv è uno dei siti più consultati d'Italia, oggi. C'è chi cerca di capire quando arriverà il prossimo. Ci sono le più svariate teorie. Di recente, ad esempio, è "caduta" quella dello sciame sismico altresì detta «teoria del tric trac». Consisteva nel ritenere probabile una scossa di magnitudo più alta in presenza di sciame sismico con terremoti lievi. Esattamente come fanno le botte di capodanno, primi tre tocchi e poi la bomba. No, non funziona così.
C'è qualcuno che invece scruta il cielo alla ricerca di una correlazione con la terra. «Quando piove c'è il terremoto»: questa è la seconda teoria. In realtà il rapporto fra pioggia e tremore sismico ai Campi Flegrei è stato indagato per davvero. Nel 2021 sulla rivista internazionale Water i docenti federiciani Nicola Scafetta e Adriano Mazzarella (già professore di Meteorologia), indagarono l'influenza della pioggia sull'occorrenza dei tremori sismici ai Campi Flegrei. E oggi lo sta rifacendo l'Osservatorio Vesuviano insieme all'Università di Bologna. Ma da qui a dire che c'è una correlazione netta ce ne passa.
In questi giorni su Napoli spira un umido vento di scirocco (cambierà nelle prossime ore). Le alte temperature anomale sono da sempre associate ad un'altra leggenda senza fondamento: se fa caldo ci sono i terremoti. Chi c'era, quel 23 novembre del 1980 sa perché questa credenza è ancora radicata. Il giorno del terremoto d'Irpinia faceva caldo. Se lo ricordano tutti.

La guerra di nervi di chi vive in zona flegrea
La scossa 4.4 di giovedì 13 ha rappresentato una cesura nella storia recente del bradisismo flegreo. Il fondamento scientifico stavolta c'è e consiste nell'accelerazione emersa dalle «mappe di scuotimento»: valori di accelerazione molto alti, tra 0.6 e 1 g (dove g è l’accelerazione di gravità), soprattutto verso il bordo della Solfatara e Pozzuoli, verso mare e verso est, in direzione della collina di Posillipo e della città di Napoli. Per questo l'abbiamo sentita tutti bene bene, da queste parti.
E da giovedì è molto chiaro a tutti i residenti a Napoli-città che questa vicenda non riguarda solo i quartieri periferici di Bagnoli e Fuorigrotta. Secondo elemento: stavolta la gente si è davvero mossa verso i centri d'attesa (uno su tutti l'area dinanzi l'ex Nato di Bagnoli) e ora giustamente pretende che ad ogni oscillazione importante del sismografo CSOB, quello piazzato all'interno della Solfatara, anche gli organismi di Protezione civile si facciano trovare preparati.
C'è poi la questione delle case: le verifiche sugli alloggi proseguono ma sono lente, secondo i residenti. «Sono accurate, non lente» dicono i tecnici preposti. Ma è pur vero che c'è poco personale. Occorre rendersi conto che ai Campi Flegrei è un continuo «giorno della marmotta» nel senso del film "Ricomincio da capo" con Bill Murray: ad ogni scossa più intensa si ricomincia daccapo con la stessa maledetta routine. Spavento, attesa, segnalazioni, controlli, verifiche. Magari con una crepa in più. È estenuante.
Che si deve fare? «Se c'è un rischio, per mitigarlo bisogna allontanarsi dalla zona di rischio» dice la logica. Quindi occorre andare via in un modo o nell'altro. «Nervi saldi: passerà come è già passata in centinaia d'anni» dice la storia (che però non è magistra vitae in questi casi). Sono due concezioni antitetiche, non conciliabili.

La Grande Paura di Napoli: tornare indietro anziché progredire
C'è poi il "non detto" che vale la pena di chiarire. Napoli e i Campi Flegrei sono oggi strapieni di investimenti economici e turisti. Non solo i soldi del Pnrr, ci sono anche investimenti privati: alberghi di lusso, centri wellness, ristoranti di chef stellati. E ancora: aziende del terziario avanzato, ipotesi di progetti infrastrutturali. E poi c'è il grande progetto di Bagnoli su cui ha investito la politica e una buona parte degli imprenditori che tengono le redini di Napoli. Bel guaio se si ferma tutto.
Infatti: se si ferma tutto che succede? Per questo una parte della politica e tutta l'imprenditoria locale tentano di tenere basse le paure. È sì, senso di responsabilità. Ma anche interesse privato.
Siamo a marzo, ora si pianificano le vacanze estive: che succede se la paura prende il sopravvento e calano le prenotazioni? Ormai pare conti solo questo. E, al tempo stesso, che succede se le scosse continuano con questa energia, con questa accelerazione ad ogni "botta"? Che succede se la velocità di sollevamento del suolo flegreo continua «a 3x» (cioè triplicata) rispetto alla prima fase del bradisismo?
Senza paura ma senza bugie, tocca attraversare la fase "ballerina" cercando di capire, ad ogni piccolo passo il da farsi. Senza farsi prendere dallo sconforto, sì. Ma facendo pace con un concetto: la terra trema e non è un processo dominabile dall'essere umano. Così come non lo è la paura davanti ad una scossa di terremoto.
