Donna in fin di vita dopo una rapina in via Salvator Rosa, domani attese le condanne per i responsabili
Lo scorso 17 luglio è stata ridotta in fin di vita per una rapina subita in via Salvator Rosa, nel cuore di Napoli. Patrizia Petrone, 64 anni, si trovava in sella al suo scooter insieme alla figlia quando venne strattonata e cadde rovinosamente in terra, finendo in ospedale: da allora, nonostante un intervento d'urgenza e le cure a cui l'hanno sottoposta i sanitari, la donna non si è ancora ripresa. Qualche giorno più tardi, per la vicenda vennero arrestati due giovanissimi: un 19enne già noto alle forze dell'ordine e un minorenne, per i quali è attesa la condanna domani, martedì 7 dicembre.
Proprio in attesa del verdetto, la figlia della 64enne si è rivolta al consigliere regionale di Europa Verde Francesco Emilio Borrelli e la conduttore radiofonico Gianni Simioli per un appello, affinché i due responsabili ricevano condanne esemplari. "Noi chiediamo il massimo della severità contro questi delinquenti – dicono Borrelli e Simioli – che hanno rovinato la vita a una famiglia di persone lavoratrici e oneste. Non ci arrendiamo all'idea che la mobilitazione e la comprensione avvenga sempre a favore dei criminali, dei delinquenti e dei violenti. Noi siamo dalla parte delle vittime e lo gridiamo assieme a questa famiglia con tutta la nostra forza".
L'appello della figlia
Di seguito, il testo dell'appello che la figlia di Patrizia Petrone, attraverso Borrelli e Simioli, ha chiesto di diffondere:
Il mio è un grido di dolore e di speranza, dolore nel vedere la mia amata mamma, dopo cinque lunghi mesi, in condizioni gravissime e critiche, che non certo un evento naturale ha provocato (perché lì inizi a conviverci facendotene una ragione dietro una spiegazione), ma un evento provocato invece dall'istinto animalesco di due esseri ignobili che una sera d'estate hanno cambiato e distrutto la vita della mia mamma, dopo una giornata di onesto lavoro. Grido di dolore e di speranza che vorrei arrivasse a chi tra poche ore deve pronunciare una sentenza definitiva di condanna. Condanna che, per quanto spero, possa essere equa e proporzionata al reato commesso. Sicuramente non potrà mai avere il peso della condanna che la mia cara mamma è state e tutt'ora è costretta a rivivere contro la sua volontà, pur non avendo commessi nessun reato
La figlia della vittima, poi, continua:
Cinque lunghi mesi di isolamento, di permessi ristretti (causa Covid), di incontri calendarizzati, di impossibilità di comunicare (causa sue condizioni), di operatori sanitari che amorevolmente cercando di sostituire noi familiari anche nelle azioni quotidiane. Poi mi domando come possano essere stati questi cinque mesi per loro (esseri ignobili): videochiamate, colloqui, ore d'aria, contatti con i familiari e sicuramente riduzione della pena, avendo richiesto rito abbreviato. Il loro destino tra poche ore sarà quello sentenziato… quello di amma ad oggi non sappiamo ancora quale sarà