Napolitano, il discorso ai ragazzi nella città insanguinata dalla camorra: “Credeteci, arriverà la rinascita di Napoli”
Era il mese di novembre del 2006, chi era studente delle scuole medie o superiori oggi è un trentenne. In quei giorni Napoli era soffocata dalla paura per gli omicidi di camorra che si susseguivano ora dopo ora – dodici ammazzati in dieci giorni – e con l'incubo di una nuova crisi dello smaltimento dei rifiuti alle porte. Fu probabilmente in quella fase che Giorgio Napolitano, eletto pochi mesi prima (a maggio) Presidente della Repubblica, si guadagnò l'appellativo di «amico di Napoli» con cui oggi molti lo ricordano, commemorandone la scomparsa. Napolitano era sì partenopeo – originario di Monte di Dio a Chiaia – ma in quella fase così particolare, di estrema difficoltà, si mostrò vicino come pochi alla sua città non solo dal punto di vista politico.
Rosa Russo Iervolino sindaco, Antonio Bassolino presidente della Regione Campania, Romano Prodi presidente del Consiglio dei ministri, In quei giorni il Presidente allertò tutti, pubblicamente, sulla situazione di Napoli: «Vivo con angoscia questa emergenza».
A novembre, il 25, durante la sua visita in città, fra incontri nella residenza di Villa Rosebery e interventi pubblici, Giorgio Napolitano si recò a Città della Scienza per ascoltare i ragazzi. E il discorso che venne fuori, custodito negli archivi del Quirinale, fu di quelli destinati a rimanere nella memoria di chi ebbe la possibilità di ascoltarlo.
Nel discorso il Capo dello Stato rispose ai ragazzi che manifestavano le loro inquietudini dinanzi all'ondata di violenza. A uno di loro, Antonio, egli ebbe a replicare spiegando di dover avere fiducia poiché Napoli sarebbe rinata: «Possiamo credere nella rinascita e nel futuro di Napoli: dovete crederci voi, dobbiamo crederci noi che abbiamo delle responsabilità istituzionali».
Giorgio Napolitano parlò poi dei poteri del Presidente e della sua capacità di moral suasion, ed espresse quella che, vista oggi, appare come una profezia: il giorno in cui i napoletani saranno in grado di far vedere al mondo quanto di bello c'è e si fa qui, arriverà la rinascita:
Ogni volta che sono tornato a Napoli da Presidente della Repubblica, e mi sono sentito dire o gridare “fate qualcosa per Napoli”, ho avvertito un senso di grande imbarazzo e preoccupazione, perché forse si pensa che il Presidente della Repubblica abbia chissà quali poteri.
Il Capo dello Stato non ha poteri magici e neanche troppi poteri esecutivi. Ha delle responsabilità morali e ha il dovere di rappresentare l’unità della nazione. E allora, che cosa posso fare? Posso innanzitutto ascoltare.
E ho ascoltato, oggi, perché credo che questo sia il mio più importante impegno in risposta alle sollecitazioni che ricevo.
Posso fare anche qualche altra cosa, ma lo dirò più avanti.Intanto, posso contribuire a far venire in luce quello che si fa e non si sa a Napoli (ed è qualcosa di molto importante!); quello che fanno le istituzioni e quello che fanno tanti napoletani; tutto quello che si muove, di vivo, di sano, di valido in questa città e in questa area metropolitana.
I giornali e le televisioni ne parlano poco: questo lo sappiamo e ne soffriamo. Le importanti realizzazioni del governo regionale, del governo cittadino, del governo provinciale, di tante amministrazioni comunali, così come la straordinaria ricchezza – che oggi voi avete documentato – di progetti per iniziativa della scuola e dei giovani, tutto questo è a rischio se e quando arriva un’ondata di violenza e di degrado che sommerge l’immagine che tutto il paese ha di Napoli.
Napolitano fu un oratore composto e sobrio. Le sue parole tuttavia furono spesso pervase di passione profonda per idee, progetti, intendimenti:
Possiamo e dobbiamo sentirci feriti, e ci sentiamo spesso colpiti da certi reportage e certi servizi che danno una rappresentazione ingiusta, unilaterale e tendenziosa sia dell’attività delle istituzioni sia del modo in cui si muovono e operano i napoletani; ma per quanto feriti possiamo sentirci che cosa dobbiamo fare?
Dobbiamo stringere i denti; dobbiamo anche ingoiare bocconi amari; dobbiamo, soprattutto, dimostrare che si può vincere la violenza e il degrado: dimostrare che si può vincere facendo di più e sforzandoci in ogni modo di farlo sapere.
Sì, prendiamo sotto braccio, e qualche volta tiriamo per un braccio, quelli che parlano o scrivono, o possono parlare e scrivere, di Napoli: facciamogli vedere quello che non vedono, facciamogli sapere quello che non sanno.
Facciamogli sapere quello che, qui, ci hanno detto il Sindaco e il Presidente della Regione; ciò che fanno concretamente le nostre amministrazioni per risolvere i problemi gravi e complessi cui è legato il futuro di Napoli. Ma, soprattutto, facciamo sapere quello che avete detto voi.
Sono stato veramente colpito -ho preso tanti appunti per mia conoscenza e per mio approfondimento – dalla varietà e dalla ricchezza dei progetti, delle idee, delle iniziative che vengono dal basso per vostro conto. Avete affrontato i problemi della scuola, i problemi dei quartieri, i problemi della città. E io voglio insistere sul ruolo della scuola, dell’associazionismo, della partecipazione.
A Valentina che chiede “Come dobbiamo agire noi giovani?’, rispondo che dovete agire mettendovi insieme, partorendo idee, assumendo iniziative […].
Bisogna fare tutto questo, e bisogna puntare molto a valorizzare la scuola lottando contro la dispersione e l’abbandono. È stato giusto sottolineare che quel che è grave non è solo la dispersione, ma è anche cominciare ad andare a scuola e poi lasciare: bisogna fare di tutto per recuperare, bisogna fare di tutto per riportare dentro la scuola quelli che l’hanno abbandonata.
Infine, la lezione di democrazia: si cambia anche e soprattutto col più importante degli strumenti che fornisce la Costituzione, ovvero il diritto di voto.
Vi ho detto le cose che si sanno facendo, proprio perché vorrei che ci fosse da parte vostra un tono di fiducia, non solo di speranza.
Non vi sto facendo l’elogio del governo, perché, poi, se il governo mantiene o no i suoi impegni, spetterà a voi giudicarlo: a voi napoletani, a voi giovani e, domani, anche come elettori. Sto soltanto dicendo che degli impegni sono stati presi e sta a tutti noi farli marciare, farli andare avanti.
Con la vostra spinta, con le vostre energie, con la vostra passione.