Discarica Lo Uttaro, il buco nero dei rifiuti campani: “La condanna dell’Europa ora impone la bonifica”
Fu una delle discariche più discusse del periodo dell'emergenza rifiuti in Campania tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni '10 del nuovo millennio. La discarica di Lo Uttaro, nell'area industriale di San Nicola la Strada alle porte di Caserta, fu considerata da subito una delle più pericolose della Campania. L'ex cava veniva riempita a vista d'occhio, montagne di rifiuti si innalzavano a riempire i vuoti.
A 14 anni dalla sua chiusura, nel 2009, arriva la sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo che condanna l'Italia ad una sanzione pecuniaria fino a quando la discarica non sarà bonificata. La ragione è che l'invaso non è mai stato gestito a norma e dopo la sua chiusura non c'è stata una messa in sicurezza tale da tutelare la salute dei cittadini che abitano nelle zone limitrofe. Siamo andati a vedere cosa resta di quello che fu il buco nero dei rifiuti campani.
"Qui anche cromo e carbonio, i pozzi sono stati inquinati"
La prima "notte bianca" del Comune di Napoli, nel lontano 2005, vide in strada milioni di persone che produssero migliaia di tonnellate di rifiuti. Finirono tutti qui a Lo Uttaro, una montagna di monnezza indifferenziata, arrivata qui per effetto di un sistema di gestione dei rifiuti che all'epoca vedeva i clan di camorra in prima linea. "Se oggi parliamo ancora del disastro ambientale di Lo Uttaro è perché ci sono stati i comitati" ci spiega Mimmo Giugliano della rete Stop Biocidio. La discarica era una ex cava di proprietà di un privato ed aprì nel 1990, ma nel 1996 lo Stato requisì il sito nei primi anni di quella che sarà poi l'annosa vicenda dell'emergenza rifiuti in Campania. "Qui doveva essere sversata solo la frazione organica, ma è stato trovato cromo e carbonio, metalli pesanti che con il tempo sono finiti poi anche nella falda acquifera ed i pozzi della zona sono stati inquinati" spiega l'attivista. Nel 2007 ci fu il sequestro della discarica da parte della Procura di S.Maria Capua a Vetere perché fu scoperto che venivano sversati anche rifiuti pericolosi, nel 2009 arrivò la chiusura della discarica, ma solo nel 2019 sono arrivati i risultati concreti sul danno ambientale. Infatti 12 pozzi furono sequestrati e si ebbe la certezza del disastro ambientale. L'invaso era autorizzato per raggiungere i 15 metri di profondità, ma si scavò fino a 30 metri, con la falda acquifera che scorre tra i 27 ed i 28 metri di profondità. "Qui arrivavano i rifiuti indifferenziati – spiega Mimmo Giugliano – e in quegli anni la camorra aveva un ruolo nella gestione pubblica dei rifiuti, i clan dovevano fare profitti e qui dentro ci sono finiti rifiuti di tutti i tipi".
"Discriminante ambientale": così l'Europa ha condannato l'Italia
Furono 18 cittadini che abitavano nei dintorni della discarica ad appellarsi alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo. La sentenza della CEDU è arrivata lo scorso ottobre con una condanna pecuniaria al nostro paese per aver gestito una discarica non a norma e per non aver assicurato la bonifica dell'area mettendo a repentaglio la salute dei cittadini. "E' stata riconosciuta la discriminante ambientale – spiega l'attivista di Stop Biocidio – e quindi la possibilità dei cittadini della zona di contrarre malattie per effetto dell'inquinamento prodotto dalla discarica". Il Comune di Caserta ha annunciato lo stanziamento di 6,5 milioni di euro per la bonifica dell'area. "E' troppo tardi, se tutto va bene i lavori potrebbero iniziare nel 2024 e non sappiamo quando finiranno, ma il danno è stato già fatto. Ad essere responsabile di questo disastro è lo Stato, perché è lo Stato che ha permesso alla camorra di gestire i rifiuti campani per tanti anni" sottolinea Giugliano. Appare assai improbabile che i lavori di messa in sicurezza possano essere effettuati in tempi rapidi, si tratta di una fonte di inquinamento ambientale che si trova in profondità, a circa 30 metri, con una falda acquifera che la attraversa. I danni di quella che è stata la gestione dell'emergenza rifiuti in Campania vengono a galla anche a decenni di distanza. Ed emergono non perché ci sia una volontà politica di prendersi cura del territorio, ma perché c'è chi nonostante gli anni che passano non demorde e continua a denunciare quello che è stato fatto in questa regione.