Napoli, studenti sotto stress, come lavora il Centro di ascolto psicologico della Federico II

All’Università Federico II lo sportello di emergenza psicologica “Possiamo parlarne” interviene rapidamente sui casi di disagio più gravi. Complessivamente sono 4000 le richieste di aiuti psicologico ogni anno.
A cura di Antonio Musella
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Esiste da quasi trent'anni il centro SINAPSI dell'Università Federico II di Napoli, uno strumento molto importante per fornire aiuto e supporto psicologico agli studenti. La piaga del disagio, soprattutto per gli studenti universitari, sta assumendo sempre più i contorni di una drammatica emergenza, proprio per questo le attività di SINAPSI risultano decisive per intervenire in maniera rapida e professionale davanti ai casi che si presentano. Secondo i dati del centro sono 4.000 le richieste di intervento che ogni anno arrivano agli psicologi del polo della Federico II, un numero rilevante che testimonia l'importanza di questo strumento.

Dal 2018 è stato istituito lo sportello d'emergenza "Possiamo parlarne", che interviene sui casi più complessi con rapidità immediata costruendo una rete di supporto intorno allo studente o alla studentessa e delineando immediatamente un percorso di supporto. Abbiamo incontrato la psicologa Tiziana Liccardo che opera proprio allo sportello d'emergenza, che ci ha fornito un quadro delle attività.

"Con lo sportello interveniamo sui casi complessi"

Il centro SINAPSI è strutturato con diverse sezioni, l'area formazione, quella contro le discriminazioni, quella per le disabilità e quella per l'orientamento a lavoro. Sono gli studenti a doversi auto segnalare e possono farlo attraverso il call center per chiedere una consulenza individuale o anche via mail, senza dover spiegare troppo del proprio disagio con la possibilità di poterlo fare dal vivo. Ma non solo, ci sono anche interventi di gruppo che riguardano l'ansia di esame o i problemi con la comunicazione con le famiglie. Un'offerta strutturata che testimonia l'attenzione della Federico II davanti al tema del disagio psicologico degli studenti. "Lo sportello d'emergenza è trasversale a tutte le aree – ci spiega Tiziana Liccardo – e interviene in emergenza". Si tratta dei casi più complessi ma che potrebbero avere anche degli sviluppi drammatici nell'immediato. "Nel 90%-95% dei casi lo sportello d'emergenza non viene attivato dagli studenti che hanno il problema di disagio psicologico, ma si tratta di altre persone, che possono essere amici o amiche, conoscenti o anche altre persone dell'Università".

Gli esempi raccontati dalla psicologa ci spiegano come si è riusciti ad intervenire su casi che avrebbero potuto avere risvolti drammatici. "Mi è capitato di essere contattata da un'assistente di segreteria perché uno studente, con la mamma, si era recato in segreteria per sapere quando si sarebbe dovuto laureare, ma al terminale non risultava alcun esame sostenuto. In quel caso noi siamo diventati consulenti dell'assistente di segreteria, e quindi sono potuta andare allo sportello della segreteria per agganciare direttamente lo studente, entrare in contatto con lui ed avviare un percorso".

Alcuni casi sembrano il lieto fine di alcune storie che hanno affollato la cronaca nera degli ultimi anni. "Poco tempo fa siamo intervenuti a casa di una studentessa, allertati dalle amiche e coinquiline. La ragazza aveva annunciato alla famiglia, residente fuori Napoli, che a breve si sarebbe laureata ma il suo appuntamento con la tesi era ancora molto lontano. Così mi sono recata a casa delle ragazze, in quel caso come consulente delle coinquiline. Come nella maggior parte dei casi il problema è parlare con le famiglie e spiegare la difficoltà ed immaginare insieme un progetto di vita diverso".

"Non possiamo sostituire il servizio sanitario nazionale"

Proprio il rapporto con le famiglie negli ultimi anni è migliorato, magari non sempre per una profonda convinzione da parte dei genitori del disagio del proprio figlio o figlia, ma anche solo per la paura di un risvolto drammatico della condizione di disagio. "I casi di disagio sono molteplici, c'è la competitività, le pressioni della società, le aspettative delle famiglie – spiega la Liccardo – ma sono tutte condizioni che poi si intrecciano con le condizioni soggettive dei ragazzi, non esiste una causa scatenante unica". Ma come ogni percorso terapeutico il primo passo necessario è quello di riconoscere di avere un problema. "Chi riconosce di avere un disagio entra facilmente in contatto con noi e trova aiuto e supporto, ma molto spesso il problema è che lo studente o la studentessa non riconosce di avere un problema psicologico". E' qui che spesso entra in campo la rete sociale e relazionale degli studenti, gli amici, i conoscenti, i coinquilini, è anche grazie a loro che spesso si riesce ad intervenire con rapidità grazie allo sportello delle emergenze.

"Noi facciamo appello alla comunità, aiutateci ad aiutare" sottolinea la psicologa. Ma la capacità di una università come la Federico II di essersi attrezzata sul tema, non muta una condizione basilare, che proprio la dottoressa Liccardo ci sottolinea: "L'università non può e non deve sostituirsi al servizio sanitario nazionale, noi possiamo accompagnare, possiamo sostenere, ma laddove si presenta un problema sanitario non può passare l'idea che sia l'università a fare le cure. Noi ci siamo attrezzati per aiutare ma è il servizio sanitario nazionale che deve intervenire". Una questione che ha molto a che fare con la capacità di cura territoriale rivolta anche ai più giovani. L'approvazione, in Campania, della legge regionale per lo psicologo di base è sicuramente un passo in avanti, ma quello che deve cambiare è la percezione del benessere psicologico come una questione sanitaria centrale, soprattutto per le nuove generazioni.

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