“Il diritto allo studio per i detenuti è il diritto alla speranza e al reinserimento sociale”
Il diritto allo studio per i detenuti, è il diritto alla speranza, dà valore all'istruzione come strumento riabilitativo e culturale in vista del reinserimento nella società. È un bisogno individuale, un'aspirazione, un valore di conoscenza e di cittadinanza. Il ruolo centrale dell’istruzione nell’edificare una società inclusiva e consapevole, la sua valenza di strumento di riabilitazione e riscatto culturale nelle carceri, ai fini del reinserimento sociale dei detenuti, sono i presupposti che mi hanno portato, come garante campano dei detenuti, a volere fortemente un incontro su questo tema. Esso ha avuto luogo presso l’Istituto penitenziario di Secondigliano, nella forma di un seminario dal titolo “Polo Universitario in Carcere: Diritto allo studio per costruire il futuro”. L’occasione ha impegnato i relatori in una riflessione comune sulla materia, dando modo di fare il punto della situazione e di valutarne le prospettive sottolineando il contributo fondamentale del volontariato operante in questo settore, delle istituzioni locali, del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e della scelta coraggiosa e rilevante dell’Università Federico II, di aprire un polo. Sono intervenuti anche tre studenti universitari detenuti. Le conclusioni sono state affidate al Sottosegretario alla Giustizia, Andrea Giorgis e al Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi.
Attualmente in Italia si garantisce il diritto agli studi in 75 Istituti penitenziari su 190, sono coinvolte 27 Università,sono 841 gli studenti universitari in carcere, di cui 476 presso i Poli. Il Polo Universitario di Secondigliano ,con i suoi 57 iscritti nei primi due anni e 54 istanze di immatricolazioni, è l'unico del Sud e dopo Bologna conta il maggior numero di iscritti. Adesso bisogna passare da una scelta volontaria, appassionata della Università ad una scelta di sistema. Pur diventando il connubio università-carcere sempre più vitale, la virtuosa esperienza dei Poli Universitari penitenziari deve ancora superare parecchi ostacoli di natura giuridica ed organizzativa. Questo rientra nell'ambito delle mission delle Università: essere strumento di trasformazione nella società, essere Università della strada. Il diritto allo studio si coniuga con il diritto a ricominciare, anche per i diversamente liberi.
Organizzare degli efficaci percorsi di trattamento e recupero nelle carceri va nell'interesse non solo dei detenuti ma anche e sopratutto dei cittadini liberi. Accanto alla certezza della pena ci deve essere la qualità della pena. Una volta uscito se la persona non vive la recidiva c'è più sicurezza nelle città. Ho rilevato in questi primi due anni che c'è una discrasia tra i giustificati motivi di sicurezza giudiziari e sanitari e il diritto allo studio universale per tutti. Scarsità di fondi e di nuove tecnologie. Poca attenzione dei giudici di Sorveglianza per i piani trattamentali e i benefici per questi studenti particolari. Ed infine io credo che occorre puntare anche sugli agenti di polizia penitenziaria dove ci sono i poli universitari, usufruendo loro delle stesse possibilità economiche ed organizzative che hanno i detenuti. Il corpo degli agenti di polizia penitenziaria va rimotivato, formato, valorizzato.
Nelle carceri campane su 6428 detenuti attualmente abbiamo un alto numero di diplomati alla scuole superiori((514),ed un'alta presenza di analfabeti(282), insieme a 69 detenuti laureati.
La scuola, l'università,la formazione, la cultura sono straordinari strumenti di conoscenza, rieducazione e reinserimento nella società dei diversamente liberi.