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Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta)

Tentarono di modificare i video delle violenze in carcere: l’accusa agli agenti di Santa Maria Capua Vetere

Tra gli episodi di depistaggio emersi nell’indagine sulle violenze nei confronti dei detenuti commesse dagli agenti della Penitenziaria in carcere vi fu, dice l’accusa, il tentativo di modificare i video delle telecamere interne per falsare la rappresentazione di quanto accaduto il 6 aprile 2020, ovvero il giorno dei pestaggi a Santa Maria Capua Vetere.
A cura di Redazione Napoli
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Nelle migliaia di pagine dell'atto d'accusa contro elementi della Polizia Penitenziaria e dirigenti, accusati di violenze contro i detenuti nel carcere "F .Uccella" di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) emerge chiara dapprima la sensazione di impunità e poi, quando invece la giustizia inizia a fare il suo corso e muovere i suoi lenti ma inesorabili meccanismi, la volontà di depistare e sminuire la gravità di quanto accaduto nella casa circondariale della «mattanza».

Tra gli episodi di depistaggio emersi nell'indagine sulle violenze nei confronti dei detenuti commesse dagli agenti della Penitenziaria vi fu, dice l'accusa, il tentativo di modificare i video delle telecamere interne per falsare la rappresentazione di quanto accaduto il 6 aprile 2020, ovvero il giorno dei pestaggi. Protagonisti, come emerge dall'ordinanza di custodia cautelare, i massimi funzionari dell'amministrazione penitenziaria in Campania, ovvero l'allora comandante Pasquale Colucci e il Provveditore campano Antonio Fullone, il primo ai domiciliari, il secondo sospeso.

«Mi togli l'audio», dice Colucci a Fullone e il soggetto sono i video della perquisizione straordinaria del 6 aprile.  Vi è dunque un tentativo di tentativo manomissione per giustificare la perquisizione straordinaria, legandola in modo indissolubile,  quale diretta conseguenza, alla protesta dei detenuti del giorno prima. Il Gip evidenzia come Colucci acquisisca «indebitamente su mandato di Fullone, il 9 aprile 2020, cinque spezzoni delle video-registrazioni operate in data 5 aprile e relative alla protesta per barricamento».

Colucci, prosegue il Gip, invia i video «attraverso applicativo WhatsApp a Fullone nella stessa data e, a Massimo Oliva (sospeso, ndr.), demandandogli l'alterazione mediante eliminazione dell'audio («Mi togli l'audio?»). Questo, più l'alterazione della data e dell'ora di creazione, al fine di renderla coerente con quanto riportato nella sua falsa relazione del 6 aprile 2020 «e simulare di aver visionato, in tempo reale, ed acquisito gli spezzoni del video – in data 5 aprile – nel corso delle proteste per barricamento, così artefacendo, con autonoma prova documentale, l'evento per giustificare in modo postumo la perquisizione del 6 aprile 2020 e le violenze avvenute nella medesima data»

Il Gip prosegue:

Una volta alterati gli spezzoni del video, Colucci li consegnava a Francesca Acerra (Commissaria della Penitenziaria sospesa dal servizio, ndr.), la quale inviava nella chat di gruppo (composta da Acerra, Colucci, Fullone e..) due dei 5 spezzoni di video, privi dell'audio che riprendevano le proteste dei detenuti

Questi spezzoni di video vengono masterizzati in un cdrom che Colucci consegna ad Acerra, e questa a sua volta li consegna ai carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere a cui sono state delegate le indagini. Quel cd-rom Fullone lo produsse anche nel corso dell'interrogatorio reso agli inquirenti il 10 luglio 2020, nonostante «fosse consapevole dell'alterazione».

Indagati in silenzio in attesa dei video

Anche oggi proseguono interrogatori di garanzia dei 52 agenti della polizia penitenziaria raggiunti da misure cautelari. A differenza dei primi tre giorni in cui sono stati sentiti dal Gip Sergio Enea in totale 26 indagati (alla media di quasi nove al giorno), oggi erano in calendario sei interrogatori. I primi quattro, tutti assistiti dall'avvocato Angelo Raucci, si sono seduti brevemente di fronte al Gip: si tratta degli agenti colpiti dalla misura interdittiva della sospensione dal lavoro Giovanni Di Benedetto, Maurizio Soma, Alessio De Simone e Stanislao Fusco. Tutti i sono avvalsi della facoltà di non rispondere, rendendo brevi dichiarazioni spontanee, in cui hanno per ora genericamente respinto le accuse.

La strategia difensiva è il silenzio: non rispondere alle domande del Gip ma di dire solo brevi parole per chiarire subito la propria posizione di fronte ad eventuali responsabilità. Quando gli avvocati acquisiranno i video interni al carcere allora la strategia potrà cambiare.

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