Delitto di Avellino: fiori davanti la casa di Aldo Gioia, ucciso con 14 coltellate
Fiori, qualche bigliettino e un lungo via vai di persone: la città di Avellino si è stretta attorno ad Aldo Gioia, il 53enne ucciso la scorsa settimana in casa con 12 coltellate, inflitte materialmente dal fidanzato della figlia, il 23enne Giovanni Limata, con la complicità proprio della ragazza, Elena, 18 anni appena. Un delitto, quello di Avellino, che ricorda molto quello di Novi Ligure, che vide protagonisti i fidanzatini Erika e Omar. L'inchiesta è solo agli inizi e, sebbene i giovani abbiano inizialmente ammesso le proprie colpe, tutto lascia credere che sarà un lungo iter giudiziario.
Dopo che entrambi gli avvocati inizialmente scelti per difendere i ragazzi hanno rinunciato all'incarico, non è ancora chiaro come procederanno i nuovi legali. Per ora, le prime schermaglie sembrano già mostrare che i ragazzi intendano accusarsi a vicenda. Dalle chat recuperate dagli inquirenti, si evince un piano meticoloso: dovevano morire tutti, Aldo Gioia, la moglie Liana, l'altra figlia Emilia. Le due donne si sono salvate perché Aldo, dopo il primo fendente, ha urlato svegliandole. Nelle chat i due ragazzi avevano pianificato tutto: Elena che scende per buttare la spazzatura lasciando la porta aperta, Giovanni che entra nel palazzo, lei che porta il cane in stanza per evitare che abbaiando li faccia scoprire, lui che entrando si dirige subito verso il padre di lei, colpendolo con 14 coltellate. L'uomo morirà in ospedale per le ferite subite, il piano di fuga pensato dai ragazzi intanto salta: con madre e sorella salve, Elena parla di una rapina finita male, Giovanni torna a casa sua a Cervinara, dove poco dopo viene raggiunto dalle forze dell'ordine che, non credendo all'ipotesi della rapina, in poche ore avevano già stretto il cerchio attorno ai due giovani.
L'appartamento dove si è consumato il delitto si trova sul corso Vittorio Emanuele di Avellino, la centralissima via dello shopping nel capoluogo irpino, pedonalizzata da anni, dove passano ogni giorno tantissime persone. Per entrare nel condominio bisogna attraversare una piccola galleria commerciale che dà sulla strada: e dopo questo delitto, in tanti si fermano spontaneamente, c'è chi lascia qualche fiore, chi visibilmente commosso nonostante le mascherine si asciuga gli occhi. Avellino si è ritrovata da una settimana al centro di una vicenda di cronaca e di un clamore mediatico a cui non è abituata, e l'amarezza per un delitto così efferato sembra aver colpito tutti. A dispetto del fatto di essere capoluogo di provincia, la città conta poco più di 50mila abitanti, molti dei quali vivono proprio in centro, che il corso Vittorio Emanuele attraversa in pieno. Attorno all'abitazione dove si è consumato il delitto di Aldo Gioia c'è tutto: la Prefettura di Avellino, la Chiesa del Rosario, la Villa Comunale. Ma anche negozi, bar, locali, gli Uffici della Posta Centrale, e poco più avanti il centro storico con l'imponente Duomo e il dedalo di vicoli che risalgono al nucleo antico della città. Una città che ora fa i conti anche con la paura di non sentirsi più "l'isola felice" della Campania, dove certi fatti di cronaca apparivano impensabili. E c'è chi, proprio in quella galleria commerciale, osservando le macchie lasciate dai composti chimici per rimuovere il sangue che si trovava per terra, commenta con un filo di voce: "E chi lo avrebbe mai pensato che certe cose potessero succedere pure a casa nostra".