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Da Castellammare a Dubai, ascesa e il crollo di Raffaele Imperiale: “Il Narcos” e la sua vita dorata

Il libro “Il Narcos” (Daniela De Crescenzo – Tommaso Montanino) ripercorre la vita di Raffaele Imperiale, che per 30 anni ha dominato sul traffico di droga a livello mondiale.
A cura di Nico Falco
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L'arresto di Raffaele Imperiale (foto della Polizia di Dubai)
L'arresto di Raffaele Imperiale (foto della Polizia di Dubai)

Da Castellammare di Stabia a Dubai, dal piccolo commercio tra amici alle redini di una multinazionale in appena una manciata di anni: la storia è quella di un imprenditore di successo. Bell'aspetto, sempre elegante, fisico palestrato, oltre all'italiano parla correntemente l'inglese, l'olandese e lo spagnolo. A negare la copertina di Forbes a Raffaele Imperiale, probabilmente, è il tipo di merce trattata: non software o materie prime ma stupefacenti. In particolare cocaina, anche se "Lelluccio Ferrarelle" ha sempre amato giocare su più tavoli: marijuana, ecstasy, oltre alla polvere bianca, per diversificare gli affari. Ascesa, come avviene in questi casi, fermata solo dalle manette: prima a Dubai, dove aveva vissuto la sua latitanza dorata, poi in Italia, dove sceglie di collaborare con la giustizia raccontando i retroscena della sua macchina perfetta.

La vita del trafficante napoletano, tra i principali dell'Europa e con un ruolo di primo piano a livello mondiale, è stata raccontata nel libro "Il Narcos" (edito da PaperFirst), scritto a quattro mani da Daniela De Crescenzo, per anni giornalista de "Il Mattino", e Tommaso Montanino, ispettore del Gico della Guardia di Finanza che per anni ha seguito le tracce di Imperiale ed è stato tra i protagonisti dell'operazione di recupero dei due quadri di Van Gogh restituiti alle autorità come segno di disponibilità a collaborare (e in cambio di uno sconto di pena).

Gli autori incasellano gli episodi e, parallelamente, il ruolo di Imperiale nelle vicende che hanno sconquassato Napoli nei primi anni Duemila: dall'inizio del rapporto con gli Amato-Pagano, che in lui avevano trovato il modo per affrancarsi dai Di Lauro e dalle loro rotte della droga, al ruolo di primo piano, ma dalle retrovie, nella Faida di Scampia, con i rifornimenti di armi e droga che permisero allo stesso clan di vincere la guerra di camorra del post scissione e di imporsi come nuovi padroni nel narcotraffico nel Napoletano.

Ma Imperiale, appunto, amava giocare su più tavoli. E non tutti erano legati alla droga: negli ultimi anni è riuscito a guadagnare anche vendendo contanti, investendo in criptovalute. Creando una economia legale, riciclando e riciclandosi. Da Castellammare di Stabia agli Emirati Arabi, dove voleva costruirsi un'immagine di imprenditore onesto mentre continuava a spendere milioni di euro e a governare le reti del narcotraffico coi telefoni criptati, grazie al rapporto coi principali narcotrafficanti a livello mondiale che gli permetteva di trattare praticamente da pari coi produttori di cocaina. Fino all'arresto, nell'agosto 2021, nel Jumerai Estates Golf Resort di Dubai. E, ancora, alla capitolazione: la decisione di mettere a disposizione delle autorità italiane Taiwan, l'isola artificiale acquistata pochi anni prima per costruirci un complesso turistico, e la scelta di collaborare con la giustizia.

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