Da Caserta a l’Aquila per il post sisma, operai obbligati a restituire stipendio: condannati imprenditori

Si chiude con una condanna il processo a carico dei fratelli Domenico e Cipriano Di Tella, imprenditori del Casertano ritenuti vicini alla fazione Zagaria del cartello dei Casalesi, accusati di avere sfruttato gli operai nei cantieri per la ricostruzione de L'Aquila post sisma: 7 anni e 4 mesi di reclusione, pagamento di 18mila euro di multe e interdizione perpetua dai pubblici uffici oltre ad altre pene accessorie. Il padre dei due imputati, Alfonso Di Tella, accusato degli stessi reati, è deceduto nel corso del processo.
Operai sfruttati nella ricostruzione a L'Aquila
L'inchiesta "Dirty Job" risale alle prime fasi della ricostruzione dopo il sisma che, nel 2014, ha devastato la cittadina abruzzese. Le indagini portarono alla luce un consolidato sistema di sfruttamento ai danni degli operai che lavoravano nei cantieri riconducibili ai Di Tella e ad altre ditte aquilane: per lo più casertani, e in particolare provenienti da Casapesenna, e reclutati tra le persone in maggiore stato di bisogno, venivano apparentemente pagati in modo regolare, con accredito dello stipendio come da regolare contratto collettivo.
I dipendenti erano però poi costretti a restituire ai Di Tella, in contanti, gran parte di quanto ricevuto, sotto minaccia di licenziamento; secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, talvolta le vittime dell'estorsione venivano anche accompagnate agli sportelli bancomat per garantirsi la restituzione immediatamente dopo l'accredito. Il quadro di sfruttamento emerso dalle indagini aveva portato la Procura distrettuale dell'Aquila alla formulazione di 18 imputazioni di estorsione (per le quali è intervenuta la condanna), mentre il Tribunale ha pronunciato l'assoluzione per due imputazioni minori.