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“Così prendemmo il boss Licciardi a Praga”, Vittorio Pisani ricorda il poliziotto Bignone

La Questura di Napoli ha intitolato la sala riunioni della Mobile a Mario Bignone, primo dirigente, deceduto a 44 anni. Presente alla cerimonia Vittorio Pisani.
A cura di Nico Falco
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L'arrivo di Vittorio Pisani alla Questura di Napoli
L'arrivo di Vittorio Pisani alla Questura di Napoli

Napoli, primi mesi del 1999. La Squadra Mobile di Napoli è sulle tracce di Pietro Licciardi, dell'omonimo clan dell'Alleanza di Secondigliano, ma il boss è sparito dalla circolazione. Gli investigatori riescono a seguire le sue tracce, che portano fino alla Repubblica Ceca. Comincia qui il racconto di Vittorio Pisani, neo Capo della Polizia, che con questo aneddoto ha ricordato oggi il primo dirigente Mario Bignone, scomparso a Palermo il 21 luglio 2010, a 44 anni.

Pisani è arrivato oggi in Questura per l'intitolazione della sala riunioni della Squadra Mobile a Bignone. Ad attenderlo, davanti all'ingresso, c'era una folla: parecchi poliziotti, molti anche in pensione, che hanno intonato il coro "Vittorio, Vittorio", attestato di stima per il quale il Capo della Polizia è rimasto visibilmente emozionato. Presenti la moglie di Bignone, Giovanna Geraci, il questore di Napoli, Alessandro Giuliano.

La cattura del boss Licciardi a Praga

Bignone aveva prestato servizio a Napoli quando Pisani era in forze alla Squadra Mobile (prima responsabile di diverse sezioni e poi a capo) ed aveva fatto parte della squadra di segugi che aveva scovato il possibile nascondiglio di "Pierino" Licciardi. C'era però bisogno che quei riscontri andasse verificati, serviva la certezza che il latitante fosse davvero a Praga. E il primo ostacolo era la mancanza di un rapporto di collaborazione, all'epoca, con la polizia ceca. Racconta Pisani:

Ogni giorno prendevamo la macchina da Chemnitz, che era al confine con l'ex Germania dell'Est, andavamo a Praga a parlare con la polizia e la sera ritornavamo. Non potevamo rimanere lì. Quando ci rendemmo conto che il latitante era effettivamente a Praga mandai Mario e lui, da solo, rimaneva chiuso in albergo. La polizia ceca non gli consentiva di uscire e la sera gli portava su un portatile le telefonate intercettate affinché lui le sentisse in italiano per cercare di riconoscere Licciardi. Rimase lì per molto tempo, da solo, ogni tanto tornava a Chemnitz dove c'erano altri colleghi stavano a Wiesbaden. Poi, finalmente, dopo vari giorni lui riconobbe la voce al telefono del latitante.

Quindi si decide di fare l'intervento del ristorante. Ricordo che mi mandò la foto e mi è dispiaciuto non essere riuscito a trovarla. La polizia ceca organizzò il servizio di appostamento all'interno del ristorante e per evitare che il latitante lo riconoscesse lo avevano truccato, gli avevano messo una parrucca. In questo modo potè andare anche lui a cena coi colleghi cechi. Così fu e così fu arrestato Pietro Licciardi, per merito soprattutto suo e dei due poliziotti che hanno trascorso sei mesi aggregati in Germania.

Mario era un ragazzo splendido, dedito al servizio in maniera encomiabile. Mi dispiace oggi, che sono al vertice dell'amministrazione, non potermi avvalere della sua collaborazione. Sarei stato onorato, sarebbe stata una grande gioia per me. Però, anche se lui non è presente, è di fatto, col suo esempio che tutti noi che abbiamo lavorato con lui non possiamo dimenticare, i valori che ci ha trasmesso, la dedizione al lavoro, è come se fosse ancora presente.

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