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Cosa si mangiava ad un matrimonio internazionale a Napoli 120 anni fa

Cosa si mangiava ad un matrimonio di lusso napoletano agli inizi del Novecento: ecco il menu dell’epoca.
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Erano gli anni del «futuro veloce come una palla di cannone». Non era ancora affondato il Titanic, il mondo aveva cieca e totale fiducia nello sviluppo e nelle scoperte di quello che sarebbe stato poi definito «il Secolo breve», il 1900.

Napoli si stava trasformando profondamente, la città era stata sventrata e ricostruita: il «Piano pel Risanamento di Napoli» conseguente le epidemie di colera e le denunce sul degrado profondo di questa capitale d'Europa, cambiò definitivamente il corso della metropoli. Oggi qualcuno dice che la peggiorò, sottranedole spiagge e belvedere in luogo di palazzoni per ricchi. Ma questa è la storia, così andò.

Correva l'anno 1903: il Grand Hotel de Londres è un palazzo di Napoli ubicato in piazza Municipio ed è considerato ancor oggi esempio italiano di quella art nouveau che poi portò al cosiddetto «liberty napoletano».

Oggi quell'hotel così signorile e – dicono le cronache dell'epoca – un tempo arredato finemente, è sede del Tribunale amministrativo della Campania e regno di faldoni, carte, bolli e uffici. Un tempo era il trionfo della modernità: luce elettrica, tanti ambienti diversi, verde, luce e bellezza.

Proprio all' «hotel Londra» com'è chiamato oggi, si teneva, il 3 giugno 1903, un matrimonio che aveva il sapore del lusso e dell'internazionale. Non sappiamo di chi, sappiamo solo quali furono le portate, ispirate alla «cuisine traditionnelle française» ma anche ai sapori del Vecchio impero, ovvero il Regno Unito.

Ci è chiaro, grazie a vari documenti dell'epoca cosa si mangiava ad un matrimonio napoletano negli anni Sessanta e anche negli anni Settanta. Ma cosa si mangiava oltre un secolo fa in uno dei luoghi più chic della capitale del Sud Italia? A raccontarcelo c'è un menu, scritto in francese a testimonianza della volontà di dare internazionalità all'evento.

Si parte con un «consommé parfait». Del resto «si inizia sempre con una zuppa» come spiegava il maître a Totò e Peppino in attesa delle ballerine al ristorante di lusso. E in effetti era proprio così: il pranzo iniziava con una saporita minestra in brodo di carne.

Il secondo è di pesce: loup de mer ovvero branzino e sauce tartare, salsa tartara (maionese con l'aggiunta di cetrioli tritati, capperi e cipolla). C'è anche spazio per la carne, del resto è pur sempre un pranzo di nozze napoletano: «Filet de bœuf à la Richelieu», consistente filetto di manzo con salsa speziatissima a base di olio, prezzemolo, panna, cipolla.

E ancora: asparagi con salsa olandese. La sauce hollandaise è una salsa madre della cucina classica francese: tuorlo d'uovo, burro chiarificato, aromatizzata con succo di limone, sale e pepe. Ancora carni: chapams a la broche, ovvero cappone allo spiedo. Infine, insalata con verdure di stagione e poi i dolci e la torta nuziale. Proprio quell'anno, il 1903, a Napoli avrebbe aperto una piccola bottega di pasticceria di un certo Scaturchio, oggi leggenda della sfogliatella e del ministeriale.

Se la cucina è internazionale non lo sono i vini; agli inizi del Novecento importarne dalla Francia era oggettivamente costosissimo. Dunque per innaffiare il ricevimento di nozze ci si "accontentò" di vino Gragnano locale, di corposo Chianti e di Champagne rigorosamente «d'Italie».

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