Confermati sei ergastoli per l’omicidio di Ciro Colonna, vittima innocente della camorra a Ponticelli
La Cassazione ha messo la parola fine all'iter giudiziario per l'omicidio di Ciro Colonna, vittima innocente di camorra, ucciso a Ponticelli nel 2016 durante un raid per ammazzare Raffaele Cepparulo, boss dei Barbudos. La Suprema Corte ha confermato le pene comminate nel dicembre scorso dalla Quinta Sezione della Corte d'Assise d'Appello di Napoli: 6 ergastoli, una riduzione di pena (dall'ergastolo a 20 anni) e una assoluzione per mandanti ed esecutori, tutti ritenuti legati alla malavita organizzata di Napoli Est.
Quel 7 giugno 2016 Ciro Colonna, 19 anni, si trovava in un circolo ricreativo del Lotto O, giocava a biliardino. Poco distante da lui, Raffaele Cepparulo, "Ultimo", boss 25enne che da Forcella aveva trovato riparo a Ponticelli. Il commando fece irruzione e uccise entrambi. Nell'immediato era apparso come un duplice omicidio di camorra, ma le indagini hanno poi svelato una verità diversa, quella sempre sostenuta a gran voce dalla famiglia del 19enne: Colonna con il crimine non c'entrava nulla. Era lì per giocare a biliardino e come gli altri aveva provato a scappare; forse era stato scambiato per un guardaspalle di "Ultimo", forse si chinò per raccogliere gli occhiali caduti e agli occhi del killer sembrò che stesse prendendo un'arma. Tra le varie ipotesi, una sola verità: era stata l'ennesima vittima innocente di una guerra tra clan.
Per quell'assassinio nel dicembre 2020 erano stati condannati all'ergastolo Ciro Rinaldi, detto "My Way", boss di San Giovanni a Teduccio, ritenuto mandante; i killer Michele Minichini e Antonio Rivieccio, che avrebbero sparato rispettivamente a Cepparulo e a Colonna; Anna De Luca Bossa, accusata di avere fatto da basista; le "pazzignane" Luisa De Stefano e Vincenza Maione, che avrebbero partecipato all'organizzazione dell'agguato e avrebbero fornito supporto ai sicari per la fuga. Pena ridotta per Cira Cepollaro (madre di Michele Minichini), mentre è stato assolto Giulio Ceglie.
"La Fondazione Pol.i.s., che si è costituita parte civile durante i processi – si legge in una nota diffusa dalla fondazione dopo la conferma delle condanne – è vicina ai familiari di Ciro, a mamma Adelaide, a papà Enrico e alla sorella Mary, in questo momento che segna la conclusione del percorso giudiziario, a pochi giorni dal sesto anniversario della morte di Ciro. La perdita di una persona cara non si può mai colmare, vedere però riconosciuta la verità circa i fatti, e affermata la giustizia da parte dello Stato, rappresenta un momento importante per coloro che hanno subito tale dolore: è la dimostrazione che le logiche del sopruso e del terrore della camorra non hanno vinto. Pol.i.s., che ha come suo mandato la memoria delle vittime innocenti di reato, si impegna affinché nessuna di esse sia mai dimenticata e che dal loro ricordo emerga una società nuova, capace di sconfiggere le logiche violente di qualsiasi forma di criminalità".