“Con le buone o le cattive”: dalla ex moglie avvocatessa il mandato per uccidere il finanziere con una bomba
Un bambino di due anni conteso tra i genitori, il papà maggiore della Guardia di Finanza a Napoli, la mamma avvocato presso il Foro di Foggia, il bombarolo cliente dello studio presso cui la donna lavora: eccoli qui, nella ricostruzione degli inquirenti, i protagonisti della storia andata in scena nel marzo 2023 a Bacoli, in provincia di Napoli, e che sembra uscita da un film di mafia: una bomba è esplosa sotto l'auto del finanziere, solo per un caso fortuito non l'ha ammazzato, e per gli inquirenti dietro l'attentato ci sarebbe la ex moglie. L'uomo che avrebbe materialmente piazzato l'ordigno, Franco Di Pierno, è stato sottoposto a fermo un anno fa ed è attualmente sotto processo, ieri sono scattati gli altri fermi, eseguiti anche questi dai carabinieri: Viviana Pagliarone, Ciro Caliendo e Giovanni Di Stefano. Per la donna è stato disposto il carcere, i domiciliari per gli altri due.
La bomba sotto l'auto del finanziere a Bacoli
È il 21 marzo 2023 quando Gabriele Agostini, maggiore delle Fiamme Gialle in servizio a Napoli, sta tornando a casa con la sua Lancia Delta. Alle 17:18, quando è nei pressi della sua abitazione, in via Bellavista, l'esplosione. Il militare, come lui stesso dichiarerà agli inquirenti, si sente come sollevato, spostato. Un attimo dopo si rende conto che i finestrini sono andati in frantumi e che i sedili posteriori sono già in fiamme. Le portiere sono bloccate, è in una stradina stretta e a sinistra non può uscire: l'auto si è accostata al muro. Riesce a salvarsi scappando dal finestrino del lato passeggero, il tempo di allontanarsi e il veicolo viene completamente distrutto dal fuoco.
Le verifiche dei Vigili del Fuoco sgombrano il campo dai dubbi: nessun guasto, nessun incidente, è stato un attentato. Un ordigno è stato piazzato tra la ruota posteriore destra e il baule e fatto esplodere con un telecomando o un detonatore a tempo. La potenza è tale che un pezzo di lamiera da 600 grammi viene trovato a 65 metri. I pompieri stimano che siano stati usati tra i 500 grammi e il chilo di miscela esplosiva.
I carabinieri studiano il percorso del maggiore, cercando di capire chi possa aver piazzato la bomba e individuano un sospettato: è Franco Di Pierno, nato a San Severo (Foggia) e residente in Svizzera. Ed emerge un particolare che sembra un rompicapo: quell'uomo non conosce Agostini, non ci ha mai avuto a che fare. Ovvero: non avrebbe avuto nessun motivo per volerlo morto.
Il tentato omicidio per il figlio conteso
Il maggiore delle Fiamme Gialle, quando gli chiedono se ha dei sospetti, se ha avuto litigi, insomma qualsiasi cosa che potrebbe aiutare le indagini, racconta del rapporto burrascoso con la ex moglie, Viviana Pagliarone, avvocato residente a Chieti: si sono lasciati e lei, dice, non vuole che veda il loro bambino di due anni, situazione già sfociata in diverse denunce reciproche. E a questo punto gli inquirenti scoprono un tassello che si rivelerà fondamentale: Di Pierno non conosce Agostini, ma frequenta la Pagliarone.
I due si sono incontrati nello studio dove lavora la donna, lui è stato cliente del titolare. I carabinieri, mentre monitorano gli spostamenti di Di Pierno, documentano diversi incontri con l'avvocatessa, a cui sono presenti anche dei parenti di lei (che poi negheranno di conoscere l'indagato). Secondo le ricostruzioni sarebbe stata la Pagliarone a "dare mandato" a Di Pierno, che avrebbe fatto confezionare la bomba e l'avrebbe messa, o fatta mettere, sotto l'auto del finanziere, avrebbe quindi aspettato l'arrivo del militare e l'avrebbe fatta esplodere. L'ordigno sarebbe stato confezionato da Ciro Salvatore Caliendo (attualmente sotto indagine per l'omicidio della moglie), che avrebbe fornito anche il telecomando, e Giovanni Di Stefano, marito della figlia di Di Pierno, avrebbe fatto da appoggio logistico e da collegamento tra Di Pierno e Caliendo.
La ex moglie avvocato mandante dell'attentato
Dopo l'individuazione, avvenuta soprattutto grazie alle telecamere, Di Pierno sostiene di non avere nulla a che fare con la bomba. Ammette di essere lui quello ripreso in video e conferma quindi di essere stato in quei giorni a Bacoli, e anche di esserci andato proprio per cercare Agostini, ma, dice, soltanto per parlarci. Per trovare una mediazione, su mandato della Pagliarone, che gli avrebbe chiesto di intervenire "con le buone o le cattive". La donna, aggiunge, gli avrebbe chiesto di rivolgersi a qualche malavitoso di San Severo, ma lui avrebbe deciso di andare personalmente ad incontrare il finanziere.
Quel giorno, dice ancora Di Pierno, si era addormentato nella sua auto dopo aver cercato per ore inutilmente Agostini, il botto dell'esplosione lo aveva svegliato e lui, vedendo il fuoco, spaventato, era scappato. La versione, però, non convince gli inquirenti. A renderla poco credibile sono, ancora una volta, gli spostamenti: il cellulare dell'uomo mostra la sua presenza a Bacoli una settimana prima dell'attentato e, nella stessa giornata, lo colloca a pochi chilometri dall'abitazione della Pagliarone. Pochi giorni prima, ancora, mentre il militare si sposta da Lanciano a Bacoli, anche l'utenza di Di Pierno viene agganciata da una cella del comune del Napoletano.
Il 19 marzo Di Pierno, stando al segnale del suo telefono, alle 22 parte da San Severo, alle 00.57 del 20 marzo è ad Arpino (Frosinone), alle 8.06 a Bacoli, alle 12 a San Severo e alle 16 riparte per Bacoli; dalle 20.57 è di nuovo nell'area flegrea, dove resta anche il 21 marzo, giorno dell'attentato, almeno fino alle 14.49, quando viene effettuata l'ultima chiamata e il telefono viene poi spento; quando viene riacceso, alle 19.31, si aggancia ad una cella nei pressi di Cassino.
"Con le buone o le cattive"
Agli atti nel provvedimento eseguito dai carabinieri ci sono numerose intercettazioni in cui l'indagato, parlando con gli altri due uomini, avrebbe parlato proprio della bomba e dell'attentato usando parole in codice. Ma i magistrati fanno anche considerazioni sul comportamento di Di Pierno dopo l'esplosione. Viene infatti ritenuto inverosimile che l'uomo, che si dice estraneo, non abbia sentito il bisogno di discolparsi con la Pagliarone e che non abbia nemmeno fatto riferimento alla vicenda nel loro successivo incontro, avvenuto il 6 aprile.
Inoltre, viene ritenuta inverosimile anche l'indicazione che, secondo l'uomo, l'avvocatessa gli avrebbe fornito per trovare Agostini e per parlargli: non un numero di telefono ma diverse fotografie, alcune delle quali presenti anche sui social ma una di queste che viene ritenuta scattata in ambito familiare, e che mostrano sia il militare sia la sua automobile.