Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo: l’antico tempio dell’arte della seta nel cuore di Napoli
Trecento anni prima che Ferdinando IV di Borbone concedesse onori e ricchezze al borgo di San Leucio, a Napoli la lavorazione della seta era già un’arte, e fra le più raffinate. Nel 1477 nasceva la prima corporazione di artigiani e mercanti che si occupavano del prezioso tessuto, e c’è un luogo in città in cui questa antichissima storia è custodita e preservata gelosamente: si tratta della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in via San Biagio dei Librai. Ma la seta non è l’unica protagonista di questa storia: anche la morte, e le donne, ne fanno parte.
La Chiesa di Filippo e Giacomo: secoli di arte e storia
Si tratta di un luogo ricco di storia, che con forza ha resistito ai secoli per portare fino a noi la testimonianza del passato. Percorrendo la scalinata in via San Biagio dei Librai, sormontata da due suggestive statue realizzate nel Settecento da Giuseppe Sanmartino (lo stesso scultore del Cristo Velato), si entra in un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato: tutto, dalla sacrestia settecentesca con lo splendido altare in legno di Marc’Antonio Tibaldi, fino ai preziosissimi tessuti ancora oggi perfettamente conservati, ci riporta indietro alla magnificenza (e alla ricchezza, non trascurabile) della Corporazione della Seta di Napoli.
Uno dei luoghi sicuramente più suggestivi è quello sotterraneo: come in molti altri angoli di Napoli, qui il culto dei morti aveva un’importanza fondamentale nella quotidianità dei vivi. Per questo i membri della corporazione scelsero di tenere il più vicino possibile i loro defunti: mentre nella navata della chiesa si esponevano le stoffe più raffinate, scendendo una ripidissima scala di pietra si sprofondava nel buio mistico tipico delle cripte ipogee di Napoli. Sono ancora visibili le fosse comuni, dove dopo il lungo rituale della “scolatura” (di competenza dello “schiattamuorto”), i morti della corporazione venivano lasciati riposare.
Affreschi cinquecenteschi e marmi del Settecento rendono il percorso che porta nel cortile interno unico nel suo genere: qui, in quella che oggi sembra un’anonima corte di un palazzo, in realtà si apre un altro passaggio attraverso il tempo. Scendendo un’altra scala si raggiungono i resti della pavimentazione medievale, e i sottostanti strati romani e poi greci, raccontano di una città diversa, dove il mare arrivava fino alle soglie delle mura antiche e dove chissà quali altre storie sono ancora nascoste.
Le Figliuole della Seta e l’antico Conservatorio
Ma oltre ai preziosissimi tessuti e alle suggestive opere artistiche la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo conserva qualcosa di ancora più prezioso: le vite di centinaia di ragazze che, nel periodo di massima fioritura dell’industria della seta napoletana, hanno dedicato la loro esistenza solitaria a questa raffinatissima arte.
Vere e proprie “Figliuole della Seta”, rimaste orfane o figlie di artigiani iscritti alla Corporazione ma caduti in disgrazia: a partire dal 1591 a San Biagio dei Librai venne costruito il Conservatorio che aveva il compito di ospitarle, salvandole dalla strada e da una morte più che certa. Nello stesso luogo in cui sorge la chiesa queste donne, fin da giovanissime, imparavano l’arte della tessitura e del ricamo in fili d’oro, di cui ancora oggi l’Associazione conserva testimonianza in alcuni tessuti perfettamente conservati risalenti al Seicento.
Una vita estremamente solitaria, quella di queste donne, che per tutto il periodo di permanenza nel Conservatorio (almeno 10 anni, trascorsi i quali potevano sposarsi) vivevano in assoluta clausura. Attraversando una piccola porta situata a sinistra dell’altare si entra in un corridoio che, nel XV secolo, non esisteva: al suo posto una piccola stradina univa i due palazzi nobiliari confinanti, oggi uniti un unico complesso, all’estremità della quale si intuisce l’unica via di comunicazione che le ragazze avevano con l’esterno e che portava all’antichissimo altare affrescato con le figure di Filippo e Giacomo, ancora oggi visibili e quasi intatti.
Il Museo della Seta: l’Associazione Respiriamo Arte
Dopo decenni di silenzio la preziosa arte della seta è tornata ad essere raccontata, grazie al lavoro instancabile dell’Associazione Respiriamo Arte che, dal 2015, continua a lavorare per preservare e diffondere l’affascinante storia racchiusa in questa piccola chiesa nel cuore del centro antico di Napoli. Una città che, fin dal XV secolo, doveva essere “brulicante di filatoi, botteghe di setaioli, tinte, tessitorie, fondaci di mercanti, di numerosissime presenze di stranieri”, come viene descritta nei documenti che l’Associazione ha scrupolosamente selezionato e studiato dall’Archivio di Stato partenopeo.
Grazie alle visite guidate, organizzate ogni giorno, il lavoro di Respiriamo Arte può andare avanti: tantissimi sono gli interventi di manutenzione ordinaria, e altrettanti i progetti di valorizzazione di un patrimonio inestimabile che, per circa 30 anni, è rimasto nascosto agli occhi della città. L’obiettivo è quello di poter costituire, un giorno, un Museo dell’Arte della Seta che renda finalmente giustizia ai tesori di arte e cultura conservati in questo angolo, ancora troppo sconosciuto, di Napoli.