Chi era don Dolindo Ruotolo, il prete che Padre Pio chiamò Santo
Si dice che, ai fedeli napoletani in visita a Pietrelcina, Padre Pio dicesse: «Ma che venite a fare fin qua? A Napoli avete Dolindo Ruotolo, che è un Santo«. ‘O vecchiariello d’a Madonna – così si faceva chiamare – oggi riposa nella chiesa di San Giuseppe dei Vecchi e Immacolata di Lourdes, a Napoli, nella sua Avvocata.
La storia di Don Dolindo Ruotolo
Pasquale Rea, l’attuale parroco, ci aiuta a ripercorrere la sua vita. Partiamo dal nome. Bisogna riconoscere che è almeno particolare. Voi avete mai conosciuto qualcuno che si chiamasse “Dolindo”? Io no. Deriva dal latino doleo, che significa “soffrire”: «Gli fu assegnato da suo padre – spiega il sacerdote – un ingegnere matematico, in base a chissà quali calcoli. Faceva lo stesso con tutti i figli».
E con lui ci azzeccò in pieno. Ruotolo fu sminuito, sottoposto a perizia psichiatrica, persino ad esorcismo. Il Sant’Uffizio lo scomunicò per 16 anni e lui stette lì buono, ad aspettare, senza mezza lamentela.
E fulminava chi parlava male della “sua” Chiesa: “È santa e non si discute”, ammoniva. Visse sereno, continuò la sua opera di carità con dedizione e pazienza e, alla fine, fu reintegrato dal Cardinale Ascalesi. Era come se, in cuor suo, sapesse già tutto.
E non fu un caso isolato:
Sorge un nuovo Giovanni, che con marcia eroica spezzerà le catene, oltre i confini imposti dalla tirannide comunista. Ricordalo.
Benedico la Polonia. Ti benedico.
Beneditemi.
Il povero don Dolindo Ruotolo, via Salvator Rosa 58, Napoli
Queste righe sono parte di una lettera che Ruotolo scrisse a Vitold Laskowski, un conte polacco, nel 1965. E il Giovanni a cui si riferisce è Karol Wojtyla, che sarebbe diventato Papa 13 anni dopo.
Questa sua predizione lo ha reso molto famoso e venerato in tutto l’est Europa. Non a caso, nel giorno della nostra visita ci sono tre ragazze dalla Lituania. Una di loro insegna religione e spende molte delle sue lezioni a parlare di vita, morte e miracoli del vecchiariello.
Sua sorella e un’amica l’hanno accompagnata fino all’Avvocata di Napoli, per inginocchiarsi davanti alla tomba del sacerdote, recitare una preghiera e visitare il luogo dov’è sepolto. Cercano libri da leggere, un souvenir da portare a casa. Si fermano rapite ad ascoltare l’intervista che facciamo a don Rea.
Il parroco – con tanto di fedeli curiose – ci racconta che, anni addietro, in parrocchia c’era un sagrestano di nome Antonio. Ebbe un’emorragia cerebrale e passò 40 giorni in coma. «Decisi di andargli a dare un’estrema unzione. “E se poi muore?”, pensavo tra me e me. Non volevo un peso simile sulla coscienza». Ne parlò al telefono con una sua amica, infermiera all'ospedale Cardarelli di Napoli, intorno alle 21.30 di sera. Poi dritto a dormire.
La mattina seguente: «Venne in chiesa la signora Pugliese, una figlia spirituale di don Dolindo. Disse: “Padre Ruotolo mi è apparso in sogno. Raccomandava a lei di recitare ad Antonio la sua preghiera e di portare anche questo medaglione”. Rimasi perplesso. Come poteva sapere tutto ciò? Lo avevo detto solo a quella donna». “Direttive dall’alto”, a cui don Pasquale si attenne. Andò in terapia intensiva e pregò, così come gli era stato suggerito.
Di pomeriggio, mentre celebrava la messa, un fedele gli fece segno. La gente guardava quest'uomo stranita, un po’ infastidita, ma lui se ne fregava. Scalpitava. «Mi chiedevo il perché di tanta fretta. Era il momento del Padre Nostro. Alla fine lo faccio avvicinare e mi sussurra: “Antonio si è svegliato”. Ditemi voi se non c’è la mano di don Dolindo!».
Un altro paio di vicende che riguardano il sacerdote ce le racconta Grazia Ruotolo, sua parente, ‘pescate' dai ricordi d’infanzia: «Passava ogni sera – dice – intorno alle 23, dopo aver finito il giro degli ammalati. A quell’ora, quando si sentiva bussare alla porta, mio padre urlava: ‘Andate ad aprire, chist’ è Dolindo!'. Era un uomo mite, pieno di carità, che abbracciava il dolore come pochi. Una vera forza della natura». Come la signora Grazia, 94 anni. Ha raccontato la vita di don Dolindo in libri e in salotti televisivi.
E lo fa tuttora: «Portava sempre con sé una borsa nera, di pezza, stracolma di sassi. Tutta la Napoli dell’epoca ne è testimone. Camminava ricurvo, piegato in due dal peso. E diceva di avere “pietre preziose per il cielo”. Capito di che persona parliamo?». Sì. Di un vecchiariello che ha lasciato il segno e, chissà, magari diventerà a tutti gli effetti il Santo dell’Avvocata.