Chi è Eduardo Scarpetta e perché è così importante il suo ruolo nel teatro napoletano
Tra i film in concorso alla 78ˆ Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia c'è anche Qui rido io, la dodicesima fatica del regista partenopeo Mario Martone, dedicato all'iconica figura dell'autore e commediografo Eduardo Scarpetta. Una figura importantissima per la cultura popolare napoletana, capostipite della dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo, la cui eredità ha influenzato profondamente le generazioni di artisti successivi, tra cui un giovane di nome Eduardo De Filippo.
Chi è Eduardo Scarpetta
Nato a Napoli il 13 marzo del 1853, Eduardo Scarpetta viene spesso ricordato come l'ideale fondatore del teatro dialettale moderno. Appassionato di teatro fin dalla più tenera età, a soli 15 anni entrò a far parte della compagnia teatrale di Antonio Petito, preparando il terreno per una carriera artistica straordinaria. Autore di commedie intramontabili come Miseria e nobiltà (di cui è impossibile non ricordare la meravigliosa trasposizione cinematografica di Mario Mattoli, con un Totò in stato di grazia nei panni dello squattrinato Felice Sciosciammocca) Nu turco napoletano e ‘Na Santarella, cultore delle pochade francesi (per alcuni anni, si è guadagnato di vivere adattandole in lingua napoletana) esercitò in maniera proficua la professione di commediografo dal 1875 al 1904 (l'anno in cui è ambientato il film di Martone) per alcune peripezie giudiziarie che lo videro contrapposto a Gabriele D'Annunzio.
La disputa legale tra Scarpetta e D'Annunzio
La disputa legale che vide contrapposti Scarpetta da un lato e D'Annunzio e la Siae dall'altro rappresenta il fulcro narrativo o principale del nuovo film di Martone. Un alterco iniziato il 2 marzo del 1904 quando, presso il Teatro Lirico di Milano, venne rappresentata per la prima volta Il figlio di Iorio, ossia la parodia della celebre tragedia in tre atti La figlia di Iorio, composta dal Vate l'anno prima. Neppure un mese prima, il 6 febbraio del 1904, Eduardo Scarpetta aveva avuto un buon successo nella rappresentazione al Teatro Valle di Roma de La geisha, una parodia di un'opera di Sidney Jones, dove si ironizzava sulla pomposa fascinazione borghese, in quell'inizio di secolo, per tutto quello che sapeva di orientale. Quella sera, in un primo momento il pubblico sembrò gradire la rappresentazione, ma lo spettacolo fu sabotato da alcuni fanatici dannunziani che, proprio nel momento dell'entrata in scena di Scarpetta in abiti femminili, organizzarono un'indicibile gazzarra che costrinse il capocomico, sorpreso e mortificato, a far calare il sipario e a promettere al pubblico, in sostituzione dello spettacolo interrotto, la rappresentazione di un atto unico.
Qualche giorno dopo Marco Praga, direttore generale della Siae, querelò per plagio e contraffazione Eduardo Scarpetta per conto di D'Annunzio, dando il via a una causa si protrasse sino al 1908, quando il tribunale emanò una sentenza in cui dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di Scarpetta perché il fatto non costituiva reato, aprendo in tal modo un precedente importante: la pronuncia, infatti, diede un'impronta di legittimità a tutte le successive parodie che avrebbero caratterizzato la storia dello spettacolo.