“Cercare un lavoro a Napoli ti sfinisce. L’unica soluzione è andare via”: la lettera di un ragazzo disoccupato
Luigi, napoletano alla soglia dei trent'anni, scrive a Fanpage.it spiegando tutto il suo scoramento e tutto il suo «sfinimento» (è la parola che usa più volte) nella ricerca di un lavoro che, evidentemente, qui è negato alla maggior parte dei ragazzi della sua fascia d'età:
Ho pensato di scrivervi per parlarvi di una situazione insostenibile. Alla mia età, purtroppo, sono ancora a casa coi miei genitori e questo mi pesa, tanto.
Dopo essermi laureato in Scienze della Comunicazione, pur non avendo molte speranze, ho pensato che avrei trovato un lavoro degno ma, complice il virus, è diventato molto più difficile.
Ho trascorso anni a inviare CV alle aziende senza avere mai risposta, ricevendo un trattamento irrispettoso.
Non ho mai avuto l'occasione di lavorare e di crescere, sapere cosa si prova nell'avere una busta paga ma anche non so, avere un appartamento in affitto, pagarsi le proprie piccole spese.
Purtroppo è cronaca di una storia sentita molte volte: le offerte di lavoro su Napoli e provincia in certi casi sono delle prese in giro. Zero garanzie, zero contratto, zero rispetto per chi lavora, sfruttamento e addirittura vere e proprie truffe ai danni di chi approccia per la prima volta con l'ostile mondo del lavoro all'ombra del Vesuvio:
Ho accettato lavori gratuiti sperando che, a lavoro finito, avrei avuto modo di conoscere persone e fare esperienze che mi facessero guadagnare e, invece, ho avuto delusioni.
Addirittura, una volta, dopo aver accettato di scrivere su un sito online, non hanno esitato a rimpiazzarmi senza alcuna spiegazione, in occasione di un mio periodo di malattia. Il lavoro non era pagato ma è scandaloso ciò che mi hanno fatto e penso facciano a tanti ragazzi.
In questo paese ti sfruttano e, appena non gli servi più, ti gettano via.
Ho lavorato in prova (non pagata) per aziende che dopo non hanno nemmeno voluto comunicarmi l'esito poiché, alla fine, per loro è più semplice trovare più ragazzi che finiscano il lavoro poco alla volta, invece di assumerne uno.
Lo sfogo di Luigi è toccante e sincero. Nella sua lettera inviata a Fanpage.it i sentimenti espressi sono quelli di molti che raccontano al nostro giornale la quotidiana fatica di trovare un ruolo nella società e in un Sud sempre più respingente per i ragazzi:
Mi sento logorato.
Sento crescere l'ansia del fallimento, del buono a nulla che non riesce a realizzarsi.
Preciso che il CV l'ho inviato a ogni tipo di azienda, anche non del mio campo ma, a causa dei miei studi umanistici, i datori di lavoro mi hanno spesso denigrato e rifiutato, dicendomi che non ero adatto a quel tipo di lavoro.
Esiste qualcosa di malato in questa città perché, per quanto un ragazzo ci provi, alla fine deve arrendersi e andare via.La città mi ha sfinito, credetemi.
In questa città non esiste la comunicazione vista in senso lavorativo e, seppur esista, è molto arretrata e incapace di creare lavoro.
Io non ce la faccio più. Credetemi. Diventa difficile alzarsi e trovare un modo di reagire perché non penso di non valere nulla. Ho sempre voluto iniziare dal basso, svolgere piccoli lavori in aziende e poi crescere. Non ho mai preteso di guadagnare troppo già dall'inizio ma neanche lavorare per la gloria.
La conclusione del ventottenne partenopeo è amara ed è quella di centinaia di ragazzi della Campania: andar via. Nel 2021 l'Istat ha certificato oltre 85mila persone emigrate dalla nostra regione.
In questo paese esiste la cultura della "gavetta" e mi sembra giusto ma, se un ragazzo non si paga mai, è più un uso e consumo del datore di lavoro.
Penso di essere giunto alla conclusione che devo andare via da una città che non sento mia, né per il lavoro né per i rapporti personali.Per realizzare ciò, però, ho bisogno di trovare un lavoro che mi garantisca un buon guadagno e, al momento, mi sembra una scalata.
La verità è che questa è una generazione perduta, di ragazzi che scappano per non soccombere e, presto, spero di essere uno di quelli.