Caso Paciolla, chiesta nuova archiviazione, i genitori: “Ci opporremo, Mario non si è suicidato”
I pm della Procura di Roma hanno chiesto nuovamente l'archiviazione per il caso della morte di Mario Paciolla, il cooperante italiano trovato impiccato a San Vicente del Caguan, in Colombia, dove era operativo per la missione Onu sul rispetto degli accordi di pace tra governo e guerriglieri delle FARC, il 10 luglio del 2020. Per la giustizia colombiana si è trattato di suicidio ma i genitori non si sono mai arresti rigettando questa tesi e chiedendo che venga fatta verità e giustizia. Il caso di Mario Paciolla, così come quello di Giulio Regeni, sono da annoverare tra i diversi casi di cittadini italiani morti all'estero le cui vicende restano ancora vergognosamente avvolte nel mistero. Già lo scorso anno c'era stato una richiesta di archiviazione da parte dei pm romani che indagano dall'Italia sul caso, ma il Tribunale di Roma aveva rigettato la richiesta invitando i giudici a proseguire le indagini. Ora arriva una seconda richiesta di archiviazione su cui dovrà pronunciarsi nuovamente il Tribunale.
I genitori: "Faremo ricorso, presenteremo perizie tecniche"
Anna e Pino Paciolla, i genitori di Mario si battono da anni per chiedere verità e giustizia per la morte del proprio figlio, insieme al Comitato "Verità e Giustizia per Mario Paciolla", ed assistiti legalmente dall'avvocata Alessandra Ballerini. In più occasioni proprio tramite Fanpage.it i genitori di Mario hanno evidenziato molte prove documentate sul fatto che nei 5 giorni prima della sua morte, Mario si sentisse in pericolo di vita e, soprattutto nelle ultime 24 ore, stesse facendo di tutto per rientrare velocemente in Italia per mettersi al sicuro. "Abbiamo già dato mandato alle nostre avvocate e ai nostri consulenti al fine di predisporre opposizione alla richiesta di archiviazione" ha spiegato Anna Motta, la mamma di Mario. "Noi siamo certi che Mario non possa essersi suicidato e faremo quanto in nostro potere e con tutte le nostre energie per raggiungere una verità processuale che renda giustizia a Mario e restituisca un po’ di pace alla sua famiglia e a chi gli ha voluto bene" prosegue al telefono con Fanpage. "I nostri avvocati stanno lavorando con uno studio tecnico che ci sta aiutando nelle indagini, restiamo fiduciosi di poter trovare finalmente verità e giustizia per Mario" conclude la signora Anna.
La verità negli ultimi giorni di vita di Mario
Dai documenti in possesso di Fanpage.it emerge come l'opposizione alla precedente richiesta di archiviazione, firmata dal giudice Monica Ciancio, puntasse soprattutto sugli ultimi giorni di vita di Mario e sui rilievi sulla scena del ritrovamento del corpo e sull'autopsia. Su quest'ultima appaiono infatti numerose le incongruenze sul lavoro fatto dagli inquirenti colombiani, soprattutto relativamente ai segni sul corpo di Mario, che potrebbero essere attribuiti ad una lotta con un'altra persona, e sulla stessa ricostruzione data dalla polizia colombiana, che apparirebbe lacunosa ed approssimativa. Grazie al lavoro del team legale dei Paciolla, è stato possibile accertare come l'addetto alla sicurezzadella missione in cui operava Mario, il colombiano Christian Thompson, abbia impropriamente ripulito la casa di Mario dopo il ritrovamento del corpo, gettando in discarica numerosi effetti personali e consegnando le chiavi di casa alla polizia colombiana solo molti giorni dopo la morte del cooperante italiano. Molta attenzione viene posta invece sui messaggi che Mario ha scambiato con la sua famiglia e con la fidanzata del tempo nei giorni prima della sua morte. Come testimoniato anche dalla mamma, Anna Motta, Mario era estremamente preoccupato, pensava di essere in pericolo e voleva tornare immediatamente in Italia. La morte di Paciolla resta una vicenda che chiede giustizia e non di finire come troppi casi simili, senza colpevoli e con verità giudiziarie assai dubbie e forzate.