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Novità sulla morte di Mario Paciolla

Caso Mario Paciolla, dopo l’archiviazione: “Ci fu una fuga di notizie su un report a cui lavorò Mario”

Dopo l’archiviazione del caso della morte del cooperante italiano, la famiglia torna a chiedere verità e giustizia. “Nessuno crede al suicidio”. I lati oscuri della vicenda emersi grazie ad un’inchiesta giornalistica in Colombia.
A cura di Antonio Musella
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I genitori di Mario Paciolla. Foto Fanpage.it
I genitori di Mario Paciolla. Foto Fanpage.it
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La Procura di Roma ha disposto l'archiviazione per il caso della morte di Mario Paciolla, il cooperante italiano trovato morto nella sua abitazione a San Vicente del Caguán in Colombia il 15 luglio 2020, mentre lavorava alla missione delle Nazioni Unite sui trattati di pace tra il governo colombiano e i guerriglieri delle FARC.

Poco più di un mese prima la giustizia colombiana aveva fatto altrettanto, nonostante le denunce presentate a luglio dalla famiglia Paciolla contro due funzionari dell'ONU, Christian Thompson Garzon e Juan Vasquez Garcia, accusati, dopo un'inchiesta giornalistica di Claudia Julieta Duque, di aver sottratto degli oggetti appartenuti a Mario nella sua abitazione dove fu trovato morto.

I genitori di Mario Paciolla non si rassegnano: "Mi sento una madre offesa nella mia intelligenza – ha commentato a Fanpage.it Anna Motta, la mamma di Mario – nessuno crede a questo suicidio, andremo avanti nel nostro percorso di giustizia".

Il caso archiviato: "Presenteremo ricorso"

L'estate scorsa, proprio in una intervista a Fanpage.it, Anna Motta, la mamma di Mario Paciolla, aveva spiegato le ragioni che avevano portato la famiglia a sporgere denuncia contro due funzionari dell'Onu, Christian Thompson Garzon, addetto alla sicurezza della missione di Paciolla e il suo capo, Juan Vasquez Garcia.

L'archiviazione da parte delle giustizia italiana, e prima ancora da parte di quella colombiana è stata una doccia fredda per la famiglia e per le tante associazioni che si battono per avere verità e giustizia. "Ora aspetteremo le motivazioni, ma di certo presenteremo ricorso. Io mi sento una madre offesa nella mia intelligenza, e prima ancora mi sento un cittadino italiano offeso, perché nessuno crede a questo suicidio. Io non riesco a capire tutti questi depistaggi" spiega la mamma di Mario.

Le due archiviazioni sono giunte con una tempistica assai singolare per i due paesi. Infatti quella in Colombia è arrivata mentre il paese era in transizione, con il nuovo governo socialista di Gustavo Petro non ancora insediato. Stessa cosa avvenuta in Italia, con l'archiviazione disposta il 19 ottobre, quando il nuovo governo di Giorgia Meloni non aveva ancora giurato. Una circostanza quanto mai anomala e ambigua.

"Se sarà necessario chiederemo sicuramente un incontro con il nuovo Ministro della Giustizia Nordio – spiga la signora Anna – quello che chiediamo al nuovo governo è di non avanzare una specifica politica: il caso di Mario, di Giulio Regeni, di Andy Rocchelli, i casi di tanti giovani italiani morti all'estero, non hanno un colore politico, sono cittadini italiani che si trovavano all'estero".  Intanto l'archiviazione è sale sulle ferite per la famiglia Regeni: "Questi giovani ragazzi che hanno perso la vita all'estero sono infangati nella quotidianità – sottolinea la mamma di Mario – è come se fosse sempre colpa della vittima".

Le denunce ai funzionari ONU: "Hanno preso le cose di Mario"

Dalle ricostruzioni giornalistiche fatte in Colombia sono emersi gli elementi che hanno portato alle denunce da parte della famiglia Paciolla contro gli agenti di polizia che entrarono nell'appartamento di Mario a San Vicente del Càguan e ai due funzionari ONU. In particolar modo le attenzioni si concentrano su Christian Thompson Garzon: "E' arrivato per primo nell'appartamento di Mario, ha preso degli oggetti sensibili, come il computer, il telefonino e li ha portati con se. Poi è andato alla polizia ed ha fatto fare i rilievi, ma non è ha restituito le chiavi dell'appartamento. C'è tornato dopo 24 ore, ha ripulito tutto ed ha buttato via diversi effetti personali di Mario".

Il caso più eclatante è quello del mouse del computer di Mario, ritrovato alla sede centrale dell'ONU a Bogotà, portato lì proprio da Thompson Garzon. Secondo quanto si apprende dai media colombiani, le analisi sul mouse avrebbero rivelato che fosse impregnato di sangue. "Inoltre da subito i funzionari dell'ONU hanno parlato di suicidio, da subito, immediatamente. Ma come si fa a parlare di suicidio senza un esame autoptico?" si chiede la signora Anna. Inoltre, secondo le indagini svolte in Colombia, poche ore prima della morte di Mario risulterebbe una telefonata tra il cooperante italiano e Thompson Garzon, che, in quanto quest'ultimo addetto alla sicurezza della missione, avrebbe dovuto far scattare una serie di protocolli di sicurezza. Eppure di questi non vi è traccia.

Il capo della missione Onu sugli accordi di pace tra governo colombiano e FARC, il delegato per il segretario dell'ONU in Colombia, Carlos Ruiz Massieu, si è sempre rifiutato di rispondere a tutte le domande che evidenzierebbero gli intralci e i depistaggi sulla morte di Mario Paciolla.

Il rapporto di Mario e la fuga di notizie che portò alle dimissioni del Ministro

E' Claudia Julieta Duque, la giornalista che con il suo lavoro d'inchiesta, pubblicato dal giornale colombiano El Espectador, ha evidenziato cosa potrebbe esserci dietro la morte di Mario Paciolla. "Quello che emerge dal lavoro della Duque è che Mario avrebbe lavorato ad un report su un bombardamento dell'esercito colombiano in una zona controllata delle FARC – spiega Anna Motta – in questo bombardamento sarebbero morti dei minori, mentre il governo avrebbe parlato solo di guerriglieri. Questo rapporto a cui Mario aveva lavorato sarebbe stato usato delle opposizioni per colpire l'allora Ministro della Difesa, che fu costretto a dimettersi".

Il lavoro della Duque, che si basa su una serie di fonti interne alla missione Onu, ricostruisce una fitta serie di intrecci che avrebbe portato alla fuga di notizie rispetto ai contenuti del rapporto sul quale avrebbe lavorato Mario Paciolla nell'agosto del 2019. Una circostanza che avrebbe messo a serio rischio e pericolo tutti i partecipanti alla missione.

Attraverso un giro di fughe di notizie le informazioni assolutamente confidenziali, contenute nel rapporto a cui lavorò Mario Paciolla, giunsero nell'ottobre 2019 al senatore di opposizione Roy Barreras che presentò la mozione di sfiducia al Ministro della Difesa Guillerme Botero. Dopo le dimissioni di Botero, nel novembre del 2020, Paciolla avrebbe confidato ad altri colleghi della missione di aver subito un attacco informatico sui suoi dispositivi. Tutta la vicenda avrebbe creato, secondo la ricostruzione della Duque, un clima di ostilità e sospetto tra elementi dell'esercito, la struttura dell'ONU e gli stessi cooperanti.

È in questo contesto che, scrive la Duque, Paciolla iniziò, secondo le fonti interne consultate dalla giornalista colombiana, a sentirsi tradito rispetto al senso della missione. Da quel momento cancellò le sue tracce sui social network. Dopo il rientro in Italia dalla fine di novembre alla fine di dicembre del 2019, per i primi mesi del 2020 Paciolla continuò ad sentirsi a disagio e chiese il trasferimento ad altra missione.

Come ricostruito da Fanpage.it, l'11 luglio, pochi giorni prima di morire, confessò alla madre di sentirsi in pericolo. La notte tra il 18 e il 19 luglio, con una serie di telefonate notturne chiese aiuto alla famiglia e ad amici per far un biglietto che lo riportasse il giorno seguente in Italia. Nella notte, come riportato in altri articoli della Duque, la telefonata con Thompson Garzon, e poi il ritrovamento del corpo il 19 luglio.

Una vicenda dunque, che secondo l'inchiesta di Claudia Julieta Duque, e le ricostruzioni fatte dalla famiglia Paciolla anche a Fanpage.it, mostrerebbe una serie di intrecci, testimoniate anche dalla crescente percezione di pericolosità per la sua incolumità manifestata da Mario alla famiglia, rispetto alla quale la tesi del suicidio non sta in piedi.

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