Carcere di Pozzuoli evacuato, l’odissea delle famiglie delle detenute trasferite fuori regione dopo i terremoti flegrei
«Del terremoto ho saputo dalla televisione. Ho pensato che mia figlia poteva pure morire». A parlare è la madre di una delle detenute che il 20 maggio 2024 erano recluse nel carcere di Pozzuoli, mentre si registrava la scossa più forte degli ultimi 40 anni.
Tutta la popolazione puteolana quella sera fuggiva in strada, queste donne altro non hanno potuto fare che attendere, fuori dalle celle, in uno spazio comune, che tutto finisse. Con loro c'era il personale che le assiste ogni giorno. Le famiglie in parte sono state avvisate, altre, come quella che ha parlato con Fanpage.it nei momenti successivi, ha chiamato il carcere per accertarsi stessero bene. La casa circondariale di Pozzuoli è una delle quattro realtà in Italia dedicate a una platea completamente femminile. Ecco perché quando il giorno dopo le scosse è stato deciso di evacuarlo totalmente, sono partite le prime proteste, seppur silenziose. Alcune detenute sono state destinate in altri istituti della Campania. Secondigliano, Lauro, Santa Maria Capua Vetere, Benevento e Belizzi Irpino. Un disagio non previsto dalle famiglie che è sentito con maggiore forza da quelle trasferite fuori regione: a Perugia, Milano e Venezia.
La situazione bradisismica dei Campi Flegrei è nota da tempo, non settimane, mesi, ma anni. A sottolinearlo a Fanpage.it è il Garante dei Detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello. "In quell'area ci sono stati vari incontri anche nel carcere, quindi un'organizzazione, un'idea progettuale in caso di evacuazione, doveva essere collocare le detenute in un solo carcere, in un solo posto. Insisto per dire che bisognava prevenire piuttosto che vivere l'emergenza".
Le detenute trasferite fuori regione sono diverse. Una ragazza che si trova in un carcere del nord ha sentito la famiglia con difficoltà. La sorella continua il suo racconto a Fanpage.it. Spiega di aver chiamato tutte le carceri che poteva chiamare per capire dove fosse, preoccupata per la sua congiunta. "Deve scontare la sua pena, ma gli avvocati costano, vogliamo torni a Napoli". Trasferire le detenute fuori la Campania significa, prosegue la famiglia, non solo privarle del supporto del territorio, ma anche aggiungere spese di trasferimento per la difesa e gli incontri con gli avvocati. La famiglia di una delle detenute che ha parlato con Fanpage.it spiega di aver accompagno la giovane a costituirsi all'epoca, per poter affrontare un percorso di recupero e reinserimento.
"Erano in programma permessi, licenze, possibilità di affidamento in prova e queste detenute dipendevano da un unico magistrato, il Dottor Eboli. Come c'è anche la continuità del magistrato di sorveglianza?", spiega Ciambriello.
Il garante ha anche scritto al capo del Dap per spiegare la situazione che stanno vivendo non solo le detenute e le loro famiglie, ma la polizia penitenziaria, gli educatori e tutto il personale che era coinvolto nella gestione del carcere di Pozzuoli. "Ho chiesto una risposta unica".
Quello che invece chiede la mamma di una delle detenute, è una cosa semplice: "Voglio che mia figlia torni a Napoli, voglio vedere mia figlia come sta tutte le settimane". Un appello a vedere le conseguenze umane e non solo quelle burocratiche arriva anche dal garante: "Se nell'emergenza vediamo le persone dietro le carte e non i reati, allora probabilmente diminuiranno le persone in carcere".