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Carabinieri arrestati per rapina a Napoli, il colpo organizzato da pregiudicato conosciuto in caserma

La rapina per cui sono stati arrestati i due carabinieri a Napoli era stata pianificata da un pregiudicato che li aveva conosciuti in caserma; l’incontro nella sua pizzeria per organizzare il colpo.
A cura di Nico Falco
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I due carabinieri arrestati a Napoli per la rapina da 15mila euro davanti all'ufficio postale del corso Meridionale avrebbero organizzato il colpo insieme ad un pregiudicato che avevano conosciuto nella caserma di Casoria, dove entrambi lavoravano, e dove l'uomo si recava ogni giorno per firmare perché sorvegliato speciale. È il retroscena dietro l'operazione scattata oggi, al termine di indagini di Polizia e Carabinieri; oltre ai tre, finiti in manette, sono indagate altre tre persone, tra cui due vittime della rapina: si tratta di parenti del pregiudicato, che gli avrebbero fornito informazioni sui prelievi di denaro, e del proprietario dell'automobile utilizzata.

Rapina alle poste a Napoli, in manette due carabinieri

La rapina risale al 21 gennaio 2019, ai danni di quattro persone che avevano appena effettuato operazioni nell'ufficio postale; in realtà soltanto due di loro erano effettivamente vittime, secondo le indagini le altre due erano basisti. Appena usciti sul corso Meridionale erano stati bloccati da due persone in abiti civili con una palina e una cartellina identiche a quelle in uso alle forze di polizia.

I due rapinatori, qualificatisi come carabinieri, si erano appropriati dei telefonini dei quattro e avevano costretto a salire sulla loro automobile quello che aveva messo i soldi nello zaino (15mila euro in contanti e 18mila in assegni, questi ultimi subito bloccati). Seguiti dagli altri tre in una diversa vettura, erano andati verso il Centro Direzionale, dove la vittima sequestrata era stata fatta scendere. A quel punto erano ripartiti con lo zaino ed erano riusciti a seminare i quattro.

L'inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Stefano Capuano, delle indagini e della notifica dei provvedimenti si sono occupati Polizia di Stato e Carabinieri; la rapina è stata ricostruita anche grazie all'analisi dei sistemi di videosorveglianza dell'ufficio postale e della zona e riscontri sono stati ottenuti con intercettazioni telefoniche e ambientali.

L'incontro in pizzeria tra rapinatori e basisti

Subito dopo il colpo gli investigatori avevano identificato l'automobile usata dai rapinatori, una Fiat Punto. Il proprietario, convocato il 15 marzo 2019, aveva però detto di non saperne nulla. Quel veicolo, aveva spiegato, circa un mese prima l'aveva prestato a un suo conoscente, A. L., proprietario di una pizzeria, che gliel'aveva riportato dopo diverse ore e senza un goccio di benzina. L'uomo citato era stato identificato ed era emersa la parentela con una delle vittime della rapina.

Gli inquirenti avevano controllato i suoi tabulati telefonici e avevano quindi scoperto che il giorno della rapina, il 21 gennaio precedente, c'erano stati diversi contatti con i due carabinieri di Casoria, A. V. e A. T.. Il titolare della pizzeria era stato convocato e aveva raccontato che quella mattina i militari erano andati nella sua pizzeria e avevano sequestrato lui, la cognata e l'altra persona che sarebbero poi state tra le vittime in corso Meridionale.

A suo dire i militari erano venuti a conoscenza dei prelievi  e lo avrebbero obbligato ad organizzare la rapina, pretendendo la complicità degli altri due presenti. In quella circostanza, inoltre, i carabinieri si sarebbero appropriati dell'automobile prestata. Successivi riscontri hanno fatto crollare anche la versione fornita dal proprietario dell'automobile: aveva avuto contatti telefonici con uno dei carabinieri, non era quindi possibile che il militare avesse trovato quel veicolo per caso davanti alla pizzeria e se ne fosse appropriato.

Le due finte vittime non aveva rilasciato dichiarazioni significative ma subito dopo una di loro, la ragazza, intercettata mentre parlava al telefono con la sorella, smentiva la versione fornita da A. L. sul sequestro di persona in pizzeria e si diceva convinta che i poliziotti già avessero ricostruito tutto, in quanto indagavano su di loro da un anno e mezzo, e che mentire avrebbe soltanto peggiorato le cose. L'altro indagato, anche lui finta vittima, aveva invece cercato di convincere una delle vittime reali a ritrattare sul riconoscimento di uno dei rapinatori effettuato tramite alcune foto segnaletiche.

Per gli inquirenti cinque degli indagati si erano quindi sì incontrati nella pizzeria, ma non c'era stato nessun sequestro ad opera dei carabinieri e si erano visti presumibilmente proprio per discutere del colpo; la versioni del titolare che andavano in questa direzione, smentite tra gli altri anche dalla cognata intercettata, erano stato soltanto il tentativo di addossare esclusivamente ai due militari la colpa della rapina.

Carabinieri arrestati, il gip: "Atteggiamento malavitoso"

Per il gip Marco Giordano, che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla Squadra Mobile, i militari hanno avuto un atteggiamento "malavitoso", commettendo reati contro il patrimonio "con violenza sulle persone, abusando della forza intimidatrice derivante proprio dall'appartenenza alle forze dell'ordine", "abusando dell'insegne dell'Arma e per questo è possibile possano anche reiterare il reato".

I tre arrestati sono accusati di rapina aggravata e di sequestro di persona. Il pregiudicato è accusato anche di estorsione in quanto da indagini è emerso che aveva taglieggiato due anziani di Casoria, millantando conoscenze con avvocati e dipendenti dell'Inps e facendo credere di avere potere di controllo sui carabinieri; si sarebbe fatto pagare quasi 3mila euro in un anno per intermediazioni mai avvenute e nel 2021 si sarebbe fatto dare anche una rata della pensione e un telefono cellulare.

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