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Cappelle per la Madonna per celebrare boss dell’Alleanza di Secondigliano, 11 sequestri a Napoli

I carabinieri e la Municipale hanno sequestrato a Napoli 11 cappelle votive abusive: sono riconducibili al cartello di camorra dell’Alleanza di Secondigliano.
A cura di Nico Falco
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"Arco della Salvezza", si legge sulla lastra di marmo accanto all'edicola votiva per la Madonna dell'Arco di via Frediano Cavara, traversa di via Foria. Ma per gli inquirenti quella cappella, a due passi dal Borgo di Sant'Antonio, il Buvero, nel pieno centro di Napoli, è l'ennesimo esempio di come la camorra si avvalga dei simboli sacri per mostrare sia devozione sia presenza sul territorio: dalle indagini è risultato che è riconducibile al boss Pietro Licciardi, che dopo la morte del capoclan Gennaro aveva ereditato la gestione del gruppo della Masseria Cardone con la sorella, Maria Licciardi ‘a Piccerella. Stesso discorso per un'altra edicola votiva, in piazza Gravina, zona San Carlo All'Arena: è riconducibile ad Ettore Bosti, boss di camorra anche lui inquadrato nell'Alleanza di Secondigliano.

Cappelle votive della camorra, 11 sequestri a Napoli

I due manufatti, abusivi, sono tra gli 11 sequestrati oggi, 21 febbraio, in una operazione dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e della Polizia Municipale di Napoli, in esecuzione a un decreto di sequestro eseguito tra il Vasto-Arenaccia e San Carlo all'Arena. Sono tutti riconducibili a persone già condannate per delitti di criminalità organizzata e ritenute vicine alla camorra, in particolare all'Alleanza di Secondigliano. I sequestri sono avvenuti in via Sant'Antonio Abate, 238; via Cavara; piazza Gravina; via Arenaccia, 283; calata Capodichino; via Nicola Nicolini, in zona Ponti Rossi; via generale D'Ambrosio; via Filippo Maria Briganti; via Lorenzo Giusso; via Catapano; via Onorato Fava, nel Rione Amicizia. Le edicole sono state affidate al Comune di Napoli per i successivi provvedimenti amministrativi.

Le indagini erano partite dopo il sequestro di tre statue sacre del ‘600, che erano state collocate nella chiesa dismessa "Santissima Maria del Rosario" di via Santi Giovanni e Paolo e ritenute nelle disponibilità dei Mallardo-Bosti-Contini. Dagli accertamenti è emerso che le varie cappelle, costruite in periodi differenti, avevano lo stesso obiettivo comunale: celebrare figure criminali, diventando quindi, al di là delle rappresentazioni religiose, una testimonianza della presenza del clan sul territorio. Ed erano state tutte costruite abusivamente, su suolo pubblico, in alcuni casi danneggiando beni di interesse storico e archeologico: una di queste è stata costruita su una colonna portante del tratto di acquedotto romano dei Ponti Rossi.

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