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Campi Flegrei

Campi Flegrei, nuovo studio: “Il vulcano mostra segni di accumulo di magma a profondità superficiali”

Lo studio pubblicato da Nature mostra un accumulo di magma a livelli superficiali. “Ma non ci sono segnali imminenti di eruzione”, dice il direttore Di Vito.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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La caldera dei Campi Flegrei sta accumulando magma a profondità definite "superficiali". Questi, in estrema sintesi, i risultati di uno studio pubblicato su Nature nelle scorse ore. Dalla sorgente profonda, negli ultimi 16 anni il magma è arrivato particolarmente vicino al sistema idrotermale, portando anche ad un aumento dell'attività bradisismica dei Campi Flegrei stessi, il cui sottosuolo si è innalzato di quasi un metro e mezzo dal 2006 ad oggi, come rilevato dalla stazione al Rione Terra di Pozzuoli. Tuttavia, "non ci siano segnali di eruzione imminente" fanno sapere gli scienziati al lavoro per tenere sotto costante controllo quella che è la caldera del supervulcano tra i più grandi d'Europa.

I risultati dello studio sul magma ai Campi Flegrei

Secondo quanto emerso dallo studio, dal titolo "Tracking the 2007–2023 magma-driven unrest at Campi Flegrei caldera (Italy)", è stato pubblicato da Nature, ed a firma di Ana Astort, Elisa Trasatti, Luca Caricchi, Marco Polcari, Prospero De Martino, Valerio Acocella e Mauro Di Vito, il "motore" principale della nuova fase bradisismica è l'ascesa del magma, che ha raggiunto una profondità inferiore agli 8 chilometri. Dalle analisi, inoltre, la sorgente di deformazione ha raggiunto i 4 chilometri circa di profondità. La risalita del magma e dei gas ha quindi "contribuito all'intensificazione dell'attività sismica e all’incremento dei fenomeni di emissione di gas, in particolare nell'area della Solfatara, che rappresenta iconograficamente una delle principali manifestazioni vulcaniche della caldera", come spiega ancora lo studio, che aggiunge:

Al momento non ci siano segnali di eruzione imminente, tuttavia il possibile continuo accumulo di magma e l'aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio che deve continuare ad essere monitorato e gestito con grande attenzione.

De Vito: "Non ci sono segnali imminenti di eruzione"

"Qualsiasi affermazione che riguarda l’attività dei Campi Flegrei deve essere ponderata con attenzione", Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore dello studio, "sebbene non sia possibile definire con certezza la presenza di magma a circa 4 km di profondità, lo studio stabilisce per la prima volta che il magma, in risalita dagli 8 km, è il motore principale dell’attività in corso ai Campi Flegrei. Sebbene al momento non ci siano segnali imminenti di eruzione, il continuo accumulo di magma e l'aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio che non deve essere ignorato".

Inoltre, aggiunge ancora De Vito, "i dati più recenti, dal 2023 a oggi, mostrano similitudini con quanto osservato nei precedenti 16 anni, con una lieve intensificazione delle manifestazioni. Quindi, al momento non ci sono ragioni per ritenere che l’attività magmatica non stia ancora proseguendo come definito nello studio. Siamo costantemente in contatto con la Protezione Civile per garantire che ogni più piccolo sviluppo venga seguito con la massima attenzione".

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