Campi Flegrei, il capo di Ingv Doglioni dice che non vi è nessuna evidenza di risalita di magma
Carlo Doglioni, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) è intervenuto sul bradisismo ai Campi Flegrei ad una nuova audizione informale della commissione Ambiente della Camera, dopo quella di fine 2023, durante l'iter di approvazione delle legge ad hoc sull'emergenza nell'area a Ovest di Napoli. Il geologo ha spiegato: «Non abbiamo nessuna evidenza di magma che stia risalendo ai Campi Flegrei. Quello che sappiamo è che c'è una camera magmatica come in tutti i vulcani, in profondità a 7-8 chilometri. Ipotizziamo che ci siano anche dei livelli più superficiali, ma la loro quantità e dimensioni sono abbastanza ignote».
Dunque secondo il capo dell'Istituto che sovrintende le attività di monitoraggio e controllo sulla caldera vulcanica, «non ci sono evidenze di una risalita di magma nei Campi Flegrei». Secondo Doglioni, queste infiltrazioni magmatiche avrebbero generato un sollevamento del suolo con movimenti verticali. «Sappiamo che in profondità ci sono più livelli di accumulo di magma. E questo sollevamento è legato sia a questo effetto di intrusione magmatica che a tutto l'effetto idrotermale e di fluidi connessi» ha aggiunto. Proprio ieri la Commissione Grandi Rischi ha confermato lo status di livello giallo (attenzione) sulla caldera flegrea.
Il presidente dell'Ingv ha precisato che attualmente il sollevamento è sui 20-30 millimetri al mese, anche se nei mesi precedenti c'erano stati momenti di rallentamento e accelerazione, arrivando a 4 centimetri al mese. Poi fa riferimento alla crisi bradisismica degli anni Ottanta: «Dobbiamo ricordare che nell'83-84 abbiamo avuto momenti in cui il sollevamento era anche di 9 centimetri al mese: il bradisismo poi a un certo punto è cessato».
L'affermazione del capo di Ingv arriva all'indomani della diffusione di un nuovo studio, "Tracking transient changes in the plumbing system at Campi Flegrei Caldera", pubblicato proprio dall'istituto vulcanologico italiano. Lo studio sostiene appunto che nell'area flegrea ci sono serbatoi di fluidi magmatici a 2,5 e 3,5 km di profondità, che «rivelano un accumulo prevalente di fluidi in sovrapressione». Non si tratta di magma, ma fluidi generati dal degassamento di un magma in profondità. Mentre il serbatoio di magma, invece, è a 5 km di profondità.