Campi Flegrei, “aumentato lo zolfo nelle fumarole, il magma è in risalita” nuovo studio sul vulcano rileva anomalia
"Dal 2018 è aumentata la concentrazione di zolfo nelle fumarole dei Campi Flegrei. Un'anomalia imputabile a un crescente contributo di gas dal magma che alimenta il sistema vulcanico, avvalorando l’ipotesi del coinvolgimento magmatico nell’attuale crisi bradisismica dei Campi Flegrei".
Sono questi i risultati di un nuovo studio sul complesso vulcanico dei Campi Flegrei in provincia di Napoli dal titolo "Escalation of caldera unrest indicated by increasing emission of isotopically light sulphur", pubblicato oggi, 24 gennaio 2025, sulla rivista scientifica Nature Geoscience, e realizzato da un team di ricercatori dell'Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV – OV), in collaborazione con l'Università degli Studi di Palermo, l’Università di Cambridge e il Woods Hole Oceanographic Institute.
Gli scienziati hanno individuato un’importante anomalia nella composizione dei gas delle fumarole della Solfatara dei Campi Flegrei, legata al contributo di gas magmatici. Lo studio rappresenta un passo avanti nella comprensione dell’attuale crisi bradisismica flegrea e sottolinea l'importanza di un monitoraggio continuo.
Secondo il report, a partire dalla fine del 2018 le concentrazioni di idrogeno solforato, la specie di zolfo presente nelle fumarole della Solfatara, hanno registrato un aumento il cui significato è stato investigato con le più moderne tecniche analitiche. "La nostra analisi – spiega Alessandro Aiuppa, Professore presso l’Università di Palermo – dimostra che le variazioni osservate nella composizione delle fumarole non sono esclusivamente attribuibili a processi idrotermali superficiali. Il nostro studio evidenzia che l’anomalia di zolfo registrata nelle fumarole sia imputabile a un crescente contributo di gas dal magma che alimenta il sistema vulcanico dei flegrei, avvalorando l’ipotesi del coinvolgimento magmatico nell’attuale crisi bradisismica dei Campi Flegrei".
Magma in risalita tra 9 e 6 km di profondità
Attraverso campionamenti sistematici e analisi chimiche, lo studio ha identificato un contributo crescente di gas magmatici provenienti da un magma in risalita nella crosta terrestre, tra i 9 e i 6 km di profondità. "Il crescente trasporto di questi gas verso la superficie – si legge nel documento – inducendo il riscaldamento del sistema idrotermale e concorrendo alla generazione della sismicità osservata ai Campi Flegrei negli ultimi anni, potrebbe aver determinato una crescente ri-mobilizzazione dello zolfo intrappolato nei minerali idrotermali, contribuendo all’anomalia di zolfo osservata nelle fumarole".
"Tipico di possibile graduale riattivazione del vulcano"
Le conclusioni dello studio potrebbero essere molteplici, ma vanno colte con grande prudenza. "Un crescente rilascio di zolfo dalle fumarole – aggiunge il team – è tipica dei vulcani quiescenti che attraversano una fase di possibile graduale riattivazione". Sebbene i risultati non implichino l’imminenza di un’eruzione vulcanica, lo studio evidenzia la necessità di mantenere l’attenzione sul sistema flegreo.
Il gruppo di ricercatori ha confrontato i dati ottenuti ai Campi Flegrei con quelli di altri sistemi vulcanici. Prima di questo studio, si riteneva che le concentrazioni di idrogeno solforato, fossero regolate da reazioni di equilibrio a bassa temperatura con i minerali dello zolfo, attive nella parte superficiale del sistema idrotermale. La ricerca si è basata su uno dei dataset di composizione delle fumarole più completi al mondo, con dati raccolti dal 1980 a oggi. I ricercatori hanno analizzato in laboratorio campioni di gas prelevati regolarmente nell’area della Solfatara dei Campi Flegrei, e hanno utilizzato modellazioni numeriche per interpretare i dati. Ulteriori sviluppi di questa ricerca si otterranno dal continuo monitoraggio delle fumarole e da ulteriori e più sofisticate analisi che permetteranno interpretazioni di sempre maggiore dettaglio. Questo studio rappresenta un ulteriore tassello nella comprensione di un’area di rilevante interesse scientifico e sociale, contribuendo alla gestione consapevole di uno dei sistemi vulcanici più complessi al mondo.
"La vera novità del nostro lavoro – sottolinea Giovanni Chiodini, Dirigente di Ricerca Associato presso l’INGV – è aver documentato una chiara evoluzione nell’origine dello zolfo. Il crescente contributo magmatico nei gas suggerisce una importante evoluzione nella dinamica del sistema vulcanico flegreo dal 2018”.
"Questi risultati – aggiunge Stefano Caliro, Dirigente Tecnologo responsabile del monitoraggio geochimico dei vulcani campani presso l’INGV-OV e primo autore dello studio – migliorano la nostra comprensione della crisi bradisismica in corso e ricordano l’importanza di un monitoraggio costante. L’accuratezza analitica e la continuità nel tempo di questo dataset sono fondamentali per comprendere l’evoluzione del sistema".
Di Vito (Osservatorio Vesuviano): "Fondamentale monitoraggio continuo"
Sullo studio è intervenuto Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’INGV-OV e co-autore dell’articolo:
“In questo ed in altri studi in corso sulla caldera dei Campi Flegrei emerge la fondamentale importanza del monitoraggio continuo multiparametrico della caldera sia nella porzione emersa, che sommersa. La combinazione di tutti i dati offrirà una visione sempre più accurata della possibile evoluzione del sistema".
Mentre, il professor Alessandro Aiuppa aggiunge:
"Studiare i minerali del sistema idrotermale ci permetterà di comprendere meglio il ruolo della rimobilitazione dello zolfo. Ogni nuovo dato sarà cruciale per comprendere l’evoluzione del sistema vulcanico".