Camorra, nasce “Disarmiamo Napoli”: “La repressione da sola non serve, serve una battaglia culturale”
E' stato presentato nella sede del "Premio Napoli" all'interno di Palazzo Reale in Piazza Plebiscito, il Comitato Anti Camorra "Disarmiamo Napoli". Una iniziativa che arriva dopo settimane in cui l'area metropolitana di Napoli è stata attraversata da episodi gravissimi, dagli stupri di Caivano all'omicidio di Giogiò Cutolo.
Mentre a turno gli esponenti del governo fanno passerella a Caivano tessendo le lodi del cosiddetto "Decreto Caivano" varato dal governo di Giorgia Meloni, con visita di rito a Don Maurizio Patriciello, a Napoli si apre una pagina di lotta alla camorra con un approccio profondamente diverso. Non solo repressione, ma andare alle cause che portano i giovani a scegliere la malavita. Una battaglia che a Napoli è innanzitutto culturale e si combatte con il welfare, con la scuola, con i servizi sociali e con il lavoro. L'iniziativa è stata presa da Sandro Ruotolo, insieme a Paolo Siani, ma in poche ore hanno aderito centinaia di figure rappresentative della società civile napoletana e del mondo delle associazioni, a cominciare dal vescovo di Napoli, Don Mimmo Battaglia.
"Invece di chiamarli topi, evitiamo che entrino nella malavita"
Nella sua esperienza da senatore Sandro Ruotolo aveva già avviato il percorso dei comitati territoriali contro la camorra, a Napoli Nord ed a Napoli Est. Un'esperienza che si basava sulla denuncia pubblica delle attività illegali, ma anche sul rapporto tra camorra, politica ed economia.
"Ora andiamo oltre – ha spiegato Ruotolo – noi siamo stanchi di quella Napoli lamentosa che chiede sempre aiuto ma che non si da da fare in prima persona. Qui c'è una Napoli straordinaria che agisce sui territori. Abbiamo 35 minori in galera per omicidio, quindi non è un'emergenza, e sicuramente questo fenomeno non lo risolvi non affrontando il problema della dispersione scolastica e della povertà educativa".
La critica aperta è al "Decreto Caivano" che secondo i promotori del Comitato "Disarmiamo Napoli" punta tutto esclusivamente sulla repressione, non aprendo invece un fronte culturale, fatto di interventi sul welfare, sulla scuola, sulla cultura, sulla socialità. "Invece di chiamarli topi – sottolinea Ruotolo – dobbiamo evitare che i ragazzi entrino nei circuiti della camorra", un riferimento diretto anche alle parole di Patriciello che aveva usato il termine "topi" definendo i delinquenti del Parco Verde di Caivano. Ma non solo criminalità di strada e violenza urbana, il Comitato punta anche ai rapporti con i colletti bianchi. D'altronde proprio Sandro Ruotolo da senatore si era occupato delle infiltrazioni dei clan nei Comuni campani, come a Castellammare di Stabia e Torre Annunziata. "Qui non è una questione di armi, perché è chiaro che lo Stato ha più armi – spiega Ruotolo – la camorra ha rapporti con la politica, con l'economia, con la finanza, è un fenomeno più complesso e non si può pensare di affrontarlo solo con la repressione".
"Curare un sintomo non si significa curare la malattia"
Tra i tanti esponenti che hanno risposto all'appello di Sandro Ruotolo e Paolo Siani, ci sono anche l'ex presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico e lo scrittore Maurizio De Giovanni. Solo loro due che hanno affiancato Siani e Ruotolo nella presentazione del Comitato. "Nell'intervento del governo non c'è quel senso di rivoluzione culturale profonda – spiega Fico – dobbiamo dare aiuti e fondi ai Comuni con una prospettiva di almeno 20 per lavorare sul disagio giovanile. Noi dobbiamo combattere dove ci sono dei vuoti, perché i vuoti verranno riempiti, è lì che dobbiamo portare la cultura dello Stato".
Un riferimento alle scuole, alle associazioni sportive, alle piazze sociali ma anche al lavoro che è lo strumento sicuramente più efficace per sottrare forza lavoro disponibile ai clan di camorra. Proprio quel tessuto sociale e associativo ospiterà a gennaio un grande meeting che il Comitato vuole realizzare incontrano la città. "Noi abbiamo un problema che è innanzitutto culturale – sottolinea Maurizio De Giovanni – a Napoli convivono due culture e due scale valoriali, una è quella criminale e l'altra è quella civile, quello che sta facendo il governo ha un problema nelle modalità di intervento, curare un sintomo non significa curare una malattia".
Lo scrittore napoletano fu tra quelli, dopo l'omicidio di Giogiò Cutolo, a indicare una strada diversa davanti alle richieste esclusivamente repressive che arrivavano da diversi ambienti. In quella occasione De Giovanni disse che bisogna salvare chi a 16 anni aveva una pistola in mano, altrimenti non lo avrebbe salvato nessuno. E' proprio questa differenza di approccio che contraddistingue l'iniziativa di "Disarmiamo Napoli" rispetto ad altri. "Noi dobbiamo combattere la cultura con la cultura, combattere i disvalori della malavita con i valori civili, è questa la battaglia" conclude lo scrittore.