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Beffa alla famiglia di Gianluca Cimminiello: “Vittima innocente di camorra, ma lo Stato non ci riconosce”

Gianluca fu vittima innocente della camorra nel 2010, come ha sentenziato la magistratura, ma a sua madre vengono negati i benefici previsti dalla legge. la madre fece arrestare suo padre per violenze, e per questo il Ministero nega il riconoscimento.
A cura di Antonio Musella
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La vicenda di Gianluca Cimminiello, ucciso per mano della camorra nel 2010, vittima innocente della criminalità organizzata, e della sua famiglia, rappresentano una delle più incredibili contraddizioni di un sistema legislativo del nostro paese a cui va posto urgentemente rimedio. Non solo perché chi muore da innocente per mano della criminalità organizzata, è un cittadino che non è stato protetto dallo Stato, ma perché, come questa storia ci dimostra, vanno tenute in conto le biografie delle persone e non solo le parentele.

Gianluca Cimminiello è stato riconosciuto dal tribunale come una vittima innocente di camorra, ma quando sua madre è andata a presentare l'istanza per essere riconosciuta come superstite di vittima innocente ed accedere ai benefici previsti dalla legge, i solerti funzionari del Ministero dell'Interno hanno rigettato la richiesta, sostenendo che suo marito ed alcuni suoi parenti, avrebbero commesso reati.

La particolarità è che proprio la mamma di Gianluca, nel 1985, aveva denunciato, fatto arrestare e condannare suo marito per violenze in famiglia. E di lì aveva chiuso ogni rapporto. Eppure oggi lo Stato sostiene che quella circostanza impedisce alla mamma di Gianluca, ucciso a colpi di pistola dai sicari degli "Scissionisti" di Scampia mentre lavorava, di poter essere riconosciuta come familiare di vittima innocente della camorra.

L'omicidio e il processo: "Fu ucciso dalla camorra mentre lavorava"

A raccontarci la storia di Gianluca è sua sorella Susy: "Lui aveva il sogno di fare il tatuatore, mi rompeva le bambole per usare il motorino che c'era all'interno per fare delle macchinette per tatuare" ci racconta. Nati e cresciuti nel Rione BerlingieriN tra Secondigliano e San Pietro a Patierno, Susy e Gianluca vivono la gioventù negli anni della faida di Scampia, che vede i clan Di Lauro e gli Amato-Pagano, i cosiddetti "scissionisti" combattersi a colpi di omicidi e stragi. "Gianluca aveva preso il diploma di tatuatore e si era aperto uno studio, amava il suo lavoro ed amava disegnare – racconta Susy – un giorno si procurò una foto con Lavezzi, calciatore molto tatuato che all'epoca giocava nel Napoli, e da lì nacquero i problemi". Gianluca pubblica la foto con Lavezzi su Facebook, circostanza che attira le ire e le inimicizie di altri tatuatori.

Uno tra questi inizia a commentare la foto sul social network inveendo contro Gianluca e chiedendo un chiarimento di persona. "Si presentarono allo studio di mio fratello tre persone, che poi è stato ricostruito essere appartenenti al clan Amato – Pagano – racconta Susy – dissero che la "questione" che lui aveva non era più con il tatuatore concorrente ma direttamente con loro. Lo accerchiarono per aggredirlo ma mio fratello sganciò un pugno ad uno di loro. E' stato poi accertato che quella persona era il cognato del boss Cesare Pagano". Gianluca si difende da una assurda aggressione di stampo camorristico nata per una rivalità con dei suoi concorrenti. Quel gesto per gli "scissionisti" non può passare in silenzio.

Il 2 febbraio del 2010 Gianluca Cimminiello viene ucciso a colpi di pistola nel suo studio di tatuatore, davanti agli occhi della fidanzata. Aveva solo 32 anni. "Da lì comincia la mia nuova vita – spiega Susy – era un contesto così lontano dalla nostra famiglia. A noi era capitato anche di vedere dei morti a terra durante la faida di Scampia, ma eravamo certi che a noi non potesse accadere nulla perché non facevamo nulla di male. Invece mi sono ritrovato mio fratello steso a terra e colpito a morte". Il 26 aprile dello stesso anno viene arrestato l'esecutore materiale dell'omicidio di Gianluca Cimminiello, negli anni successivi anche i mandanti. Tutti condannati in via definitiva e lo stesso Gianluca viene definito come vittima innocente di camorra.

Susy Cimminiello, sorella di Gianluca
Susy Cimminiello, sorella di Gianluca

Il coraggio e il riscatto.: "Mia madre fece arrestare mio padre"

Ma la famiglia Cimminiello prima del lutto del 2010 con l'omicidio di Gianluca, vive negli anni precedenti un altro momento drammatico. E' il 1985 quando la mamma di Susy e Gianluca fa arrestare suo marito per le violenze commesse in famiglia contro di lei e contro i figli. "Mia madre ebbe coraggio, perché 40 anni fa le leggi che tutelavano le donne vittime di violenza non erano come quelle di oggi. Lei lo denunciò, lo fece arrestare e lo fece condannare. Da quel momento abbiamo chiuso ogni rapporto con la famiglia di mio padre". Ed è così che Gianluca e Susy sono cresciuti senza padre, cementificando un legame di famiglia fortissimo. Vivere fuori dalla criminalità per chi è nato nella periferia Nord di Napoli negli anni dieci è stata cosa assai difficile

. La Scampia "gomorrista" era al suo apice, il quartiere era la più grande piazza di spaccio d'Europa e i clan si combattevano in una guerra feroce continuata anche dopo gli arresti dei capi delle fazioni rivali, i Di Lauro e gli "scissionisti" degli Amato – Pagano che si erano distaccati dal boss Paolo Di Lauro detto "Ciruzzo o'milionario". "Mio fratello si è salvato, anche se è morto – spiega Susy – mio fratello è cresciuto nel Rione Berlingieri, i suoi coetanei o se ne sono andati all'estero per salvarsi, o sono morti ammazzati, o sono morti per droga".

Anche quando suo fratello viene ucciso e la sua vita cambia, Susy non perde mai la lucidità di comprendere la causa che portano i giovani ad entrare nelle fila dei clan:

Volevo vedere l'assassino di mio fratello soffrire, ma poi quando me lo trovai davanti al processo, mi resi conto che era uguale a noi, aveva due gambe, due braccia. Sarebbe stato condannato all'ergastolo e la sua vita sarebbe finita praticamente lì.

Alla fine io sono arrivata alla conclusione che la morte di mio fratello non è dovuta solo a quel ragazzo che lo ha ammazzato, ma a chi doveva mostrare a quel ragazzo le alternative che aveva nella sua vita. Alternative che evidentemente non ha mai conosciuto.

La beffa: "Lo Stato non ci riconosce come familiari di vittima innocente"

Susy, sua madre e la fidanzata del fratello, testimone oculare dell'omicidio, seguono tutte le indagini, collaborano con gli inquirenti per arrivare alla verità: "Io chiedevo anche di andare con i Carabinieri – racconta Susy – dicevo mettetemi le microspie addosso vado io. Mi prendevano in giro, dicevamo che vedevo troppe fiction". Ma la condanna definitiva arriva e il tutto si chiude nel 2021. Nel 2011 però la mamma di Susy aveva fatto domanda per accedere ai benefici previsti dalla legge per i familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata.

"Il Ministero dell'Interno, dopo anni, ci ha rigettato la richiesta, perché sostiene che mio padre e dei suoi familiari hanno commesso dei reati – spiega Susy – ma è la stessa persona denunciata da mia madre nel 1985 e fatta condannare e con cui non abbiamo avuto più rapporti". Più che un paradosso questa vicenda assume i contorni della beffa, per chi ha perso già una persona cara vittima innocente della camorra.

"Lo Stato dovrebbe abbracciare le vittime innocenti, invece in questo modo sta annullando la storia di mio fratello, che è stata una vittima innocente della camorra, ma anche di mia madre che ebbe il coraggio di denunciare mio padre per proteggere lei e tutti noi della famiglia" commenta Susy.

Una vicenda che assume i contorni incredibili quando si scopre che oltre ai reati del padre – quelli per cui fu fatto arrestare proprio dalla madre di Susy e Gianluca – il rigetto si fonda su pendenze con la giustizia di familiari da parte di padre nati dopo il 1985, cioè dopo che la famiglia di Susy aveva chiuso ogni rapporto con il padre in seguito alla condanna e alla perdita della patria podestà.

L'avvocato Giovanni Zara ha presentato ricorso per conto della famiglia Cimminiello:

Abbiamo degli atti che riguardano la sentenza che condanna il padre di Gianluca e ricostruisce tutte le denunce della madre che poi al processo era parte civile. L'innocenza di Gianluca è evidenziata nelle sentenze dalla magistratura e non solo la sua, anche quella del resto della famiglia.

Il Ministero contesta una affinità con parenti di quarto grado dal lato del padre che la signora Nunzia Cimminiello non conosce nemmeno, e addirittura alcuni dei soggetti citati dal Ministero sono nati dopo il 1985 cioè dopo che la signora Nunzia ha fatto arrestare suo marito.

Una motivazione del genere non può che far nascere una riflessione intorno alla legge sulle vittime innocenti della criminalità organizzata:

La legge è scritta male e va cambiata. Il Ministero utilizza questa norma non per andare a vedere chi è la vittima, sua madre o sua sorella, ma va a vedere il contesto e addirittura le parentele di quarto grado. Inoltre non tiene conto della storia, in questo caso non tiene conto del fatto che la signora Nunzia 40 anni fa fece arrestare suo marito.

In ogni caso ci sono sentenze della Cassazione che ci danno ragione, i "ragionevoli dubbi" devono essere dimostrati, deve esserci un rapporto ed un interesse con presunti parenti che hanno commesso illegalità ed in questo caso non c'è nulla di tutto questo. Addirittura la Prefettura di Napoli ha già scritto una relazione in cui mette nero su bianco che la signora Nunzia non ha alcun rapporto con la criminalità.

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