Cambiamento non è tradimento: perché la pizza ananas è solo il primo passo, dice Gino Sorbillo
Un tempo una discussione del genere era relativa alle traduzioni: tradurre è tradire? Oggi, invece, si parla di pizza. Cambiarla (e ci riferiamo a quella napoletana) è tradirla? A ridosso della fine dell'anno scorso, Gino Sorbillo, il pizzaiolo napoletano più noto, scatenava la discussione sui social network e nel variegato mondo del food partenopeo annunciando di voler proporre nei menu delle sue pizzerie a Napoli (e anche a Milano) una pizza bianca con provola affumicata, cacioricotta e, udite, le fette di ananas. Leggermente disidratato e con una spolverata di zucchero a velo.
Critiche, polemiche, video, sfottò. Ma alla fine Sorbillo si è guadagnato una pagina del New York Times, un servizio sulla Cnn e sulla Cbs, l'attenzione dei media italiani generalisti e generici e l'endorsement della Del Monte, il colosso dell'ananas in scatola. E, annuncia, non è finita qui.
In che senso non finisce qui, Sorbillo? Che dobbiamo aspettarci?
Credo che la questione che ho sollevato in queste ultime settimane dimostri che, come al solito, ci voleva per forza un pizzaiolo napoletano per far, finalmente bene, la pizza con l’ananas. Quest'episodio rappresenta una sorta di anno zero, in positivo, della pizza napoletana mostrandone ancora una volta l’internazionalità e la forza nel mondo.
Ma non pensa che ci siano troppe pizze, d'ogni tipo? Così la tradizione – fondamentale per un pizzaiolo che lavora in questa città – non si diluisce?
No. Il fatto che la maestrìa e l’estro dei pizzaioli napoletani riescano a globalizzare sempre di più, sia in maniera tradizionale che innovativa, un'eccellenza gastronomica che fino a 10 anni era molto standardizzata nelle proposte e abbinamenti è meraviglioso. Sa quante pizze esistevano e si proponevano fino a pochi anni fa?
Dica…
In menu c'erano circa 15 pizze standard. Gli stessi fornitori di materie prime alimentari avevano una "linea pizzeria" più economica rispetto a quella destinata ai ristoranti. Lo sa perché? Ci consideravano a noi pizzaioli come dei ristoratori di serie B.
È chiaro che oggi non siete più considerati così. Ma serviva l'ananas per capirlo?
Non sono gli ingredienti il problema della pizza! Il problema semmai è come vengono capiti, trattati, rielaborati e proposti. Se all’epoca l’ingrediente ananas, chissà dove e chissà da chi, è stato capito o usato male questo per me non significava non poterci lavorare più. La parola cambiamento non significa tradimento. Questo vorrei far capire alle persone.
E ai tradizionalisti come risponde?
Cha pizza napoletana non è nata con il pomodoro. E che oggi tanti ci mettono sopra zucca, con la crema di patate viola, le zucchine alla Nerano, pure le cialde di Parmigiano Reggiano preparate in padella dagli stessi pizzaioli. Io sono fiducioso perché Napoli è pronta anche ad altri cambiamenti. Noi siamo sempre ricettivi alle scelte di qualità anche se all’inizio sembriamo un po’ chiusi…