Bloody Money, intreccio fra imprese e politica sui rifiuti. La Procura mostra il sistema Sma
Fanghi che dal depuratore finivano direttamente in mare, corruzione di pubblici ufficiali, gestioni in affidamento che venivano prorogate di volta in volta costituendo un regime di monopolio. E soldi, parecchi soldi: tanti da essere difficile anche contarli, ovviamente tutti in contanti. Tutto ricostruito nell'indagine della Procura di Napoli, condotta dalla Compagnia di Casalnuovo della Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli, che ha portato all'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 persone e 2 misure interdittive. Le accuse, a vario titolo, sono di corruzione, riciclaggio, inquinamento ambientale, emissione di fatture per operazioni inesistenti e trasferimento fraudolento di denaro. Nel corso dell'esecuzione sono stati sequestrati beni per oltre 4 milioni di euro.
La tangente del 7 % sull'appalto
L'indagine, come rilevato nella relativa ordinanza, ha subito una forte accelerazione dopo lo "scoop giornalistico denominato Bloody Money, di elevato impatto mediatico" e si inserisce sulle precedenti inchieste, già in corso, sullo smaltimento illecito di rifiuti. Il perno è la la gestione della Sma Campania, la società della Regione Campania che attiva in numerosi campi, dalle bonifiche alla prevenzione incendi. In particolare Lorenzo Di Domenico, direttore generale "pro tempore", viene accusato di avere accettato la promessa di una tangente del 7% dell'importo pattuito per l'indebito affidamento con procedure d'urgenza dello smaltimento dei fanghi depuratori di Napoli Nord, Marcianise, Succivo e Regi Lagni; per il dirigente sono stati disposti gli arresti domiciliari. Ai domiciliari anche Errico Foglia, direttore dell'impianto di depurazione di Acerra (all'epoca dei fatti gestito dalla Sma), l'ingegnere Giacomo Perna (responsabile della manutenzione della Sma), il dirigente della Regione Campania Lucio Varriale.
Bloody Money la posizione di Luciano Passariello
Per l'ex consigliere Luciano Passariello il giudice non ha ritenuto di applicare misure cautelari (era stata chiesta la custodia in carcere), pur riconoscendo la gravità indiziaria di altri indagati strettamente a lui collegati; è il caso di Lorenzo Di Domenico, consigliere delegato della Sma Campania, ruolo che ha ricoperto presumibilmente proprio su indicazione di Passariello, e di Agostino Chiatto, dipendente della Sma Campania, addetto alla segretaria del consigliere regionale (per entrambi era stato chiesto il carcere ma sono stati applicati i domiciliari). A motivare la decisione della mancata misura per Passariello, presumibilmente, il fatto che nonostante gli altri due dicessero di agire in suo conto non sono emersi elementi decisivi a conferma.
La richiesta cautelare risale al luglio 2019, il provvedimento è arrivato agli inizi di febbraio. Nel corso delle operazioni è stata trovata una grossa quantità di denaro contante in casa di Salvatore Abate, noto con l'alias di "Totore ‘a Cachera", l'imprenditore indagato a cui sono ascritte le vicende corruttive del depuratore di Napoli Est e rapporti di corruzione con ufficiali di polizia giudiziaria; la somma, non ancora quantificata, rende l'idea della rilevanza del traffico.
Indagato un sostituto commissario di Polizia
Nello scenario svelato dalle indagini, che hanno fatto luce su diversi reati ambientali (come lo sversamento di fanghi senza alcun trattamento), sono emersi anche numerosi episodi di corruzione e la vicinanza di pubblici ufficiali ad alcuni imprenditori arrestati con un ruolo definibile alla stregua di "consulenti privati"; tra gli indagati, sottoposto ai domiciliari, anche un sostituto commissario della Polizia di Stato che, in cambio di agevolazioni ad Abate avrebbe avuto favori come lavori di ristrutturazione nella sua abitazione, del denaro e l'assunzione di un parente nella ditta dell'imprenditore.
E non manca il coinvolgimento della camorra: tra gli indagati risulta anche Andrea Basile, considerato figura apicale del clan Cimmino – Caiazzo del Vomero, gruppo a sua volta collegato all'Alleanza di Secondigliano; un pregiudicato ritenuto affiliato al clan, Giovanni Caruson, è inoltre protagonista di una trattativa poi saltata in seguito alla diffusione dell'inchiesta giornalistica Bloody Money.