Bloccata nella stazione metropolitana di notte a Fuorigrotta: l’addetto aveva chiuso il cancello
Due ore da sola, bloccata in una stazione metropolitana di notte a Napoli, senza alcuna possibilità di uscire. Sembra la trama di un film horror, eppure è una storia vera, raccontata a Fanpage.it da Alyssa, 22 anni, che nella tarda sera del 28 marzo voleva solo rientrare a casa, come fa ogni giorno.
La sua odissea è cominciata dopo una normalissima giornata trascorsa dal suo fidanzato a Casalnuovo, dove ogni giorno prende l’ultima corsa della tratta metropolitana Casalnuovo – Campi Flegrei per rientrare a Fuorigrotta alle 23:30/35. Quella sera tutto è stato diverso: una volta uscita da sola dal treno, dopo aver percorso di fretta le scale che conducono all’uscita della stazione Leopardi di Fuorigrotta, la penultima fermata della metropolitana quella più vicina a casa sua, ha trovato il cancello chiuso con delle doppie catene. Quando si è accorta di essere bloccata, il cuore le è salito in gola. Ha subito chiamato i carabinieri, i quali le hanno assicurato che avrebbero mandato un agente prima possibile a soccorrerla. «Ho aspettato 20 minuti – ha spiegato la ventiduenne – ma nulla, non è arrivato nessuno».
Dopo poco le squilla il telefono: è la polizia ferroviaria. «Hanno iniziato a farmi domande. Mi hanno chiesto da dove fossi partita, dove stessi andando, domande inerenti alla circostanza – spiega -. Mi hanno detto che avrebbero cercato qualcuno che potesse venire ad aprirmi e io, gentilmente e con educazione e pazienza, ho assicurato loro che avrei aspettato ancora». Era ormai passata la mezzanotte e l’attesa sembrava sempre più lunga, quasi infinita, tanto che il personale dell’Asia (l'azienda dei rifiuti ndr.), di passaggio in quella zona per raccogliere i rifiuti, si è fermato ad assisterla e farle compagnia in quel tempo che le sembrava eterno.
Insieme hanno fumato una sigaretta e attirato l’attenzione di due studentesse fuori sede che, a loro volta, si sono fermate e hanno dato il cambio al personale dell’Asia, consentendo loro di tornare al proprio dovere. Alyssa era ormai più che stanca. Il telefono le si stava scaricando, ma fortunatamente aveva fatto in tempo ad avvisare lo zio che è arrivato sul luogo. La 22enne chiama ancora una volta i carabinieri e la polizia ferroviaria, senza ottenere alcuna risposta.
Lo zio allora decide di recarsi a piedi alla caserma di polizia più vicina, quella che dista 12 minuti dalla stazione di Leopardi. «In caserma dicono che non possono fare nulla e dobbiamo chiamare il 113». Arriva un'altra telefonata dalla Polfer:non c'è personale disponibile per andare a liberarla. «Deve essere paziente». La ragazza però era in stazione dalle 23.30 e ormai si era fatta l’una di notte.
«Nel frattempo – ha raccontato – ero disperata e avevo freddo. Stavo valutando le alternative: scavalcare o tornare giù e percorrere a piedi i binari fino alla stazione di Campi Flegrei, rischiando la vita per un errore non mio. Ho evitato, decidendo di aspettare ancora». Alyssa ormai stanca prova a richiamare la polizia, ma poi riceve una telefonata da un numero privato: «Signorina, stiamo venendo. Partiamo adesso da piazza Garibaldi e veniamo ad aprire».
Lei risponde: «Va bene, grazie. Finalmente», e aspetta ancora. Riceve un’altra telefonata dalla Polfer che le comunica che stanno arrivando degli agenti. «Mentre attendo l’arrivo della polizia ferroviaria – ha proseguito – arrivano due uomini. Scopro che uno dei due era l’addetto alla chiusura dei cancelli». Alyssa e l’addetto ai cancelli si confrontano per comprendere come sia potuto succedere tutto ciò.
Ormai erano l’1:50 di notte e l’uomo le spiega di non averla vista, di aver controllato più volte se ci fosse qualcuno in stazione e non c’era nessuno. Alyssa gli spiega che la sua presenza lì era la testimonianza che qualcuno invece ci fosse, ma probabilmente era sfuggita agli occhi attenti delle videocamere e dei controllori. Tutto si è concluso con delle scuse. «Quella stazione è già di suo inquietante, restare lì dentro bloccata di notte è stata, per me, un’esperienza traumatica», ha concluso la ragazza.