Bagnoli, quattro anni di nulla: la Corte dei Conti certifica l’ennesimo disastro sull’ex Italsider
Dal 2015 al 2018 sapete cosa è successo a Bagnoli? Niente. Assolutamente niente. Come negli anni precedenti, come nei decenni precedenti. L'ex area siderurgica che affaccia sul mare nella zona Occidentale di Napoli è rimasta così com'era. A certificare l'ennesimo disastro, stavolta ascrivibile all'amministrazione comunale di Luigi De Magistris e regionale di Vincenzo De Luca, ma anche ai governi che si sono susseguiti (Renzi, Gentiloni, Conte I e II) è la Corte dei Conti della Campania.
I soldi c'erano e ci sono, eccome: 442,7 milioni di euro, denari di un recente finanziamento assegnato ad Invitalia spa (di cui 87,5 milioni effettivamente erogati), che si aggiungono ai 177 milioni e 285 milioni erogati ai precedenti soggetti attuatori e che – spiega la magistratura contabile – «hanno consentito, finora, di realizzare soltanto attività di studio e di “caratterizzazione” delle aree, propedeutiche alla progettazione degli interventi di bonifica e di risanamento del sito di Bagnoli a Napoli, tuttora in corso, e che allo stato vedono il Commissario impegnato nell’attivazione degli atti necessari alla configurazione urbanistica dell’area e alla programmazione delle opere di bonifica».
Nella relazione conclusiva dell’attività di controllo sui “Finanziamenti destinati alla bonifica ambientale e alla rigenerazione urbana del comprensorio Bagnoli-Coroglio” il disastro è certificato coi numeri. La cronistoria del flop che è solo l'ultimo di una serie di disastri amministrativi e gestionali, si focalizza anche sullo stralcio urbanistico del Piano di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana, con il quale è stata individuata la destinazione urbanistica dell’area all’interno del sito, passo fondamentale per la programmazione delle opere di bonifica. «Lo stesso, però – rileva la Corte – presenta criticità sia sotto il profilo della definizione delle strutture da realizzarsi, sia sotto quello di una non puntuale previsione finanziaria». In pratica il piano c'è , ci sono i soldi, sappiamo anche dove intervenire ma non è chiaro cosa fare. Non è chiaro – ed è incredibile, considerando la poderosa storia di discussioni politico-urbanistiche sull'area ex Italsider – cosa fare di Bagnoli.
I giornalisti che si sono occupati di Bagnoli nel corso degli ultimi vent'anni tremano al solo nominare della «colmata a mare». Si tratta di un quadrato attaccato alla terra ferma e strappato al mare a deformare la linea di costa, un tempo necessario per il carico-scarico del carbon coke e di tutti gli altri materiali necessari ad alimentare l'eterna fiamma dell'altoforno dell'acciaio made di Napoli. Quella colmata a mare sarebbe dovuta sparire – lo dice la variante al piano regolatore del Comune di Napoli – per anni abbiamo avuto piani e contropiani, studi e controstudi di fattibilità ma l'area è ancora lì, non si sa cosa fare e come.
Scrive la Corte dei Conti:
Risulta anche da affrontare con urgenza il problema della rimozione della “colmata a mare di cemento”, già prevista dalla legge 58/1996, considerando che non sono stati ancora individuati i siti nei quali destinare l’enorme quantità di materiali inquinati provenienti anche dal fondale marino circostante.
Bagnoli sogno distrutto fra mille annunci eclatanti. Era stato messo in piedi il Parco dello Sport: aree attrezzate, teoricamente funzionanti, poi sequestrate per bonifica non effettuata correttamente: nel gennaio 2019, dal punto di vista penale, sono state dissequestrate le aree “Parco urbano Lotti 1 e 2” e “Parco dello Sport”, provvedimento che era considerato primo passo per arrivare al necessario riutilizzo degli edifici presenti nell’area, in particolare di quelli costruiti con cofinanziamento dell'Unione Europea e destinati ad uso pubblico, anche al fine di evitare richieste di rimborso di quanto erogato da parte di Bruxelles. Nel 2019 nulla si è mosso, il 2020 è stato un anno in sospeso, causa pandemia Covid-19. E il futuro è una (vaga) ipotesi.
«Ulteriore urgenza – scrive la magistratura contabile – è rappresentata dall’ultimazione della bonifica dell’area ex Eternit, i cui fondi sono stati posti a disposizione del soggetto attuatore fin dal 2017». Anche nel caso del cementificio di Caltagirone, quindi, stessa storia: i fondi per bonificare ci sono, non si è concluso niente.
E ancora: il Turtle point, finito ma lasciato a marcire. Sequestrato e dissequestrato in data 8 febbraio 2019 dalla Corte di appello di Napoli il Turtle Point di Bagnoli è oggi soggetto ad un accordo di cooperazione istituzionale con la stazione zoologica “Anton Dohrn” per la realizzazione di un centro di ricerche sulla biologia marina avanzata. Invitalia, a seguito del dissequestro del 19 gennaio 2019, ha provveduto alla verifica dello stato dei luoghi e in data 9 luglio 2019 l'ente di ricerca ha preso il possesso dell’immobile. Ma per ora non abbiamo buone nuove.
Come se ne esce? Non si sa. La Corte dei Conti suggerisce un qualcosa di talmente ovvio da sembrare pleonastico. Ma in tempi di scontro quotidiano fra Regione e Comune sarebbe rivoluzionario. Cosa? Parlarsi: «È necessario assicurare – conclude la Sezione – la piena funzionalità della cabina di regia dell’intero intervento e delle relative conferenze dei servizi, al fine di giungere alla definizione di una cornice programmatica condivisa e della conseguente esecuzione del progetto di bonifica».