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Bagnoli, l’eterna incompiuta: “Quanti anni impiegheranno per il nuovo piano di bonifica?”

Il nuovo piano di riqualificazione dell’ex area industriale non spazza via dubbi e incertezze. Le bonifiche previste prevedono tempi lunghi, ed intanto chi abita e svolge attività nel quartiere vive nell’incertezza. Dopo 28 anni c’è qualcuno che crede ancora alla riqualificazione?
A cura di Antonio Musella
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Il piano presentato dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, anche commissario straordinario, per la bonifica di Bagnoli, insieme al ministro per il Sud Raffaele Fitto, è l'ennesimo piano che riguarda l'area della ex Italsider di Bagnoli. Il decreto legge del 7 maggio scorso prevede uno stanziamento di 1,2 miliardi di euro per la bonifica dell'area che dal 1998, da quando l'acciaieria chiuse i battenti, attende di essere bonificata e riqualificata. I primi dubbi sul nuovo piano sono stati sollevati dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, il quale ha commentato laconicamente: "Non faranno niente, non hanno un euro".

Di fatto, l'enorme somma stanziata verrebbe presa dai fondi di coesione già assegnati alla Regione Campania, e quindi vincolati alle attività di quest'ultima che ne deve decidere l'indirizzo. Ma al netto del garbuglio burocratico, da 28 anni l'area di Bagnoli attende una riqualificazione a cui ancora in pochi credono. Il nuovo piano, che prevede lavori di bonifica ancora più approfonditi di quelli fatti fino ad ora, rischia di far registrare tempi molto lunghi. Bagnoli, ancora una volta, rischia di rimanere un eterna incompiuta.

Da Bagnoli spa ad Invitalia, cosa è stato fatto fino ad ora

Dopo la chiusura dello stabilimento a fine anni '90, quando al Comune di Napoli c'era come Sindaco Antonio Bassolino, il destino di Bagnoli ha viaggiato sempre sulle stesse promesse, ovvero bonifica e riqualificazione, ma ha visto consumarsi sempre lo stesso tipo di attività che non sono mai state concluse, oltre ad un fiume di centinaia di milioni di euro. Ad aiutarci a ricostruire il tutto è Carlo Iannello, dell'Assise di Palazzo Marigliano, docente e urbanista. "Dopo la chiusura della fabbrica il governo decide di istituire una società la Bagnoli Spa – spiega a Fanpage.it – questa società assorbe gli ultimi caschi gialli rimasti in servizio nella fabbrica, smonta parte delle attrezzature e delle strutture e fa una bonifica molto superficiale". Ad essere eliminate sono le lastre di eternit in fibra di amianto presenti nell'area e alcuni macchinari dell'ex fabbrica. La Bagnoli Spa spende 300 miliardi delle vecchie lire, prima di chiudere i battenti, quando il Comune di Napoli, con l'amministrazione di Rosa Russo Iervolino nel 2001, decide di dare vita ad una società di trasformazione urbana, la Bagnoli Futura. "La società del Comune aveva il compito di attuare il piano di bonifica e riqualificazione dell'area – spiega Iannello – quello che fa in circa 10 anni è un lavoro di bonifica di un'area vasta con il sistema del soil washing, ovvero la pulizia in loco del terreno inquinato, che produceva fanghi inquinanti da smaltire".

Ma dopo oltre 10 anni di lavori interviene la magistratura. Un'inchiesta della Procura svela come la bonifica fatta dalla Bagnoli Futura, sotto il coordinamento del Ministero dell'Ambiente, sia stata molto pasticciata. In buona sostanza i fanghi di scarto del terreno invece di essere smaltiti in appositi siti, furono disseminati sempre all'interno dell'area dell'ex Italsider. Morale della favole: bisognava fare tutto da capo. "Ma interviene anche un colpo di scena – racconta l'urbanista – lo Stato nel 2012 con l'amministrazione comunale di Luigi De Magistris, chiede al Comune il rientro dei debiti, il Comune non può pagare e la Bagnoli Futura va in fallimento". A quel punto i terreni di Bagnoli rischiavano di essere venduti all'asta. "Nel 2014 il governo di Matteo Renzi istituisce il commissariato straordinario per Bagnoli, e i terreni passano nella disponibilità di Invitalia, società dello Stato" sottolinea Iannello. Da qui si iniziano solo alcuni lavori di bonifica, come quelli fatti sulla spiaggia con la rimozione della vecchia sabbia e l'immissione di quella pulita.

Ma solo nel 2019, con il commissario straordinario Francesco Floro Flores, viene presentato un nuovo piano di bonifica dell'area con conseguente nuovo progetto di riqualificazione, quest'ultimo sostanzialmente uguale a quello già deciso dal Comune. Ma i governi cambiano e cambia anche la governance di Bagnoli. Il governo Draghi decide che il commissario straordinario di governo deve essere il Sindaco di Napoli, l'allora neo eletto Gaetano Manfredi, ma solo con il governo Meloni arriva lo stanziamento di fondi. Il miliardo e due sopra descritto, che al momento esiste solo sulla carta, in quanto quei fondi erano stati già destinati alla Regione Campania. "Il problema che vedo oggi – ci spiega Iannello – è il seguente: il tipo di bonifica previsto dal decreto legge del 7 maggio 2024 prevede una bonifica più approfondita di quella che la Bagnoli Futura, in maniera pasticciata, ha fatto in 10 anni. Ora se la Bagnoli Futura c'ha messo 10 anni e non l'ha fatta nemmeno bene, quanto ci metteranno adesso?".

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L'incertezza di chi vive e svolge attività a Bagnoli

Intanto su quel fazzoletto che collega l'ex fabbrica al mare c'è chi ci vive e chi ci svolge attività. Il piano di riqualificazione dell'area impatta in maniera importante sul territorio, eppure da 28 anni si vive nell'incertezza. Come quella degli abitanti del borgo Coroglio, proprio accanto a Città della Scienza, tra l'ex area industriale e il mare. "Si parla da anni di bonifica, si parla di riqualificazione, a noi ci fa molto piacere, ma non a discapito dei cittadini che vivono a Borgo Coroglio" ci dice Paola Minieri, che abita proprio sul lato dell'area che affaccia a mare. Un gruppo di case che stanno lì da più di 100 anni. I piani per questa parte specifica dell'area sono cambiati di volta in volta, prima dovevano essere abbattute le case, poi ci fu uno stop, ora parlano di un processo molto articolato. "Ci dicono che noi dobbiamo lasciare le nostre case e verremo spostati in appartamenti messi a disposizione da Invitalia – spiega – riceveremo un indennizzo, alla fine dei lavori di ristrutturazione o restituiamo l'indennizzo e possiamo rientrare nelle case oppure ci teniamo i soldi e dobbiamo andare via. Ma così è come se ci dovessimo comprare la nostra casa due volte". Effettivamente un meccanismo singolare. Al posto del Borgo Coroglio il rischio è che arrivino solo ristoranti e alberghi di lusso, a discapito di chi a Bagnoli ci vive da 100 anni. "Ora ci dicono che ci dobbiamo spostare, ma quando c'era la Cementir, l'Eternit e l'Italsider, nessuno è venuto a dirci che vivevamo in una zona altamente inquinata" sottolinea Minieri. "Viviamo nell'incertezza totale ed abbiamo paura" conclude. Poco più avanti del Borgo Coroglio c'è l'ex Circolo Ilva, nato anche questo oltre 100 anni fa, inizialmente come ente di mutuo soccorso per gli operai. "Quando chiuse la fabbrica a fine anni '90 alcuni ex operai ci costituimmo in associazione e iniziammo il cammino del circolo come ente di promozione sociale sul territorio" ci racconta Guglielmo Santoro. Oggi il circolo Ilva è una realtà con oltre 2000 iscritti impegnato in attività sociali e ricreative sul territorio. "Noi abbiamo puntato molto sul sociale e sullo sport in questi anni" sottolinea Santoro. Al Circolo, che affaccia direttamente a mare, si fa canoa, canottaggio, lotta libera, calcio, tennis con ben due campi, ma c'è anche un ristorante per i soci a prezzi popolari, un solarium, una sala eventi. "Qui non ci sono distinzioni di colore, razze, abilità ed estrazione sociale" ci dice Francesco Maglione, che coordina le attività di canottaggio. Il circolo è vicino alla colmata, ovvero una piattaforma in cemento realizzata con le pietre di colmata dell'attività della fabbrica, che è stata caratterizzata come inquinata per 1/3. "Nei progetti precedenti si prevedeva lo spostamento del circolo più avanti verso Coroglio, ed in gran parte dall'altro lato della strada nell'area dell'ex fabbrica – spiega Santoro – ora questa ipotesi sembra non esserci più. Quello che mi chiedo io è, ma nel frattempo che si fa quello che si deve fare, perché non far funzionare al meglio quello che già c'è?".

L'ex circolo Ilva di Bagnoli
L'ex circolo Ilva di Bagnoli

La storia infinita della colmata

La ricordate la celebre scena del film "Karate Kid", quando il maestro Miyagi insegna al suo giovane allievo le mosse di combattimento con l'uso delle mani con la frase: "Metti la cera, togli la cera" ? Ecco a Bagnoli è "Togli la colmata, lascia la colmata". Dal 1998 in poi questo pezzo di cemento inquinato doveva prima essere tolto, poi doveva restare, poi ancora doveva essere tolto ma non si capiva come sarebbe stato smaltito. Fu fatta anche una legge dello Stato che ne sanciva la rimozione. Nell'ultima versione si arriva al paradosso dei paradossi. La colmata deve essere tolta ma nello stesso decreto si dice che deve essere abolita la legge dello Stato che prevede la rimozione della colmata. Insomma una situazione quanto meno poco chiara. Si tratta di una piattaforma di cemento che rappresentava un'estensione della fabbrica verso il mare e fu realizzata con le pietre di scarto. Essendo inquinata per solo 1/3 la colmata potrebbe essere impermeabilizzata attraverso una struttura che impedisca che l'acqua venga a contatto con la parte di cemento piena di metalli pesanti, diossine (PCB) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Al momento però questa ipotesi non sembra essere presa in considerazione. Di contro, se effettivamente il nuovo piano prevederà la rimozione della colmata, tra l'altro molto costosa cosa che renderebbe insufficiente il miliardo e duecento milioni di euro stanziato, bisognerà rifare comunque tutti i piani e i rendering che invece la prevedono.

"Basterebbe una messa in sicurezza"

Cosa resta dunque di 28 anni di lavori di bonifica sull'area di Bagnoli? Resta innanzitutto una imponente spesa di denaro pubblico che è finita principalmente in due settori: il movimento terra e la progettazione. E' anche questo il motivo per cui se compariamo le foto aeree di Bagnoli di oggi con quelle del 1998 non sono tanto diverse. "Si tratta di un'eterna incompiuta – sottolinea Carlo Iannello – in 28 anni i cittadini non hanno visto nulla, eppure sono stati spesi centinaia di milioni di euro". Qualche perplessità lascia anche il cronoprogramma presentato da governo e Comune, dell'oltre un miliardo di euro previsti, per il 2024 sono stanziati appena 28 milioni e poi via via a crescere. Questo significa innanzitutto spostare in avanti il concreto trasferimento dei fondi previsti dal piano, ed in secondo luogo, se tutto dovesse andare perfettamente in porto, significa che le opere più importanti inizieranno tra non meno di 4-5 anni. Insomma, un futuro che si fa fatica a vedere. "Basterebbe una messa in sicurezza dell'area – spiega Iannello – un procedimento di bonifica più semplice, d'altronde se gran parte dell'area inquinata è destinata a parco, basta usare le membrane e tenere sotto terra l'amianto che in questo modo non viene movimentato e non inquina. Anche per la colmata si potrebbe fare l'impermeabilizzazione come messa in sicurezza. In questo modo i lavori sarebbero più veloci, e certo durerebbero di meno. Ma ad oggi questa ipotesi viene scartata favorendo invece lunghi lavori di bonifica che prevedono scavi, movimento terra e smaltimento dei fanghi". Tanti appalti sicuramente, ma riusciremo mai a vedere l'opera finita?

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