Assegno di inclusione, a Napoli assistenti sociali dal Prefetto: “Troppe domande, siamo allo stremo”
A Napoli scoppia la protesta degli assistenti sociali sulla gestione dell'Assegno di Inclusione. Troppe domande e poco tempo: ben 25mila richieste quelle arrivate dallo scorso 18 dicembre, da lavorare nell'arco di tre mesi. In pratica, ogni assistente sociale ha in carico circa 100 pratiche per l'Assegno di Inclusione, da completare in tempi strettissimi – considerando che ne viene a conoscenza solo nel momento del caricamento della domanda sulla piattaforma Gepi, che può avvenire anche molto dopo l'attivazione della domanda e quindi la partenza dei 90 giorni – per fare in modo che le famiglie beneficiarie non perdano il sussidio.
Una mole di lavoro immenso, della quale i dipendenti comunali si stanno facendo carico in aggiunta alle altre delicatissime mansioni che già svolgono. Da qui, la protesta, sfociata nello stato di agitazione. Oggi, martedì 12 marzo 2024, gli assistenti sociali sono stati convocati dal Prefetto di Napoli, Michele Di Bari, per cercare di trovare una soluzione.
Vertice in Prefettura sull'Assegno di Inclusione
Al centro della riunione al Palazzo di Governo la procedura di raffreddamento e conciliazione dei conflitti richiesta dalle organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp, Uilfpl, rappresentative degli assistenti sociali, educatori e psicologi del Comune di Napoli. All’incontro hanno partecipato l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, Luca Trapanese, nonché rappresentanti della Direzione Coordinamento Metropolitano dell’Inps di Napoli e i delegati delle organizzazioni sindacali.
Nel corso della seduta le organizzazioni sindacali hanno rappresentato le notevoli difficoltà in cui versano attualmente i dipendenti del comune impegnati nella trattazione delle pratiche relative all’Assegno di inclusione, gravati da un eccessivo carico di lavoro a causa del numero delle istanze presentate e alla breve tempistica, prevista per legge, per la loro definizione. Le parti e le organizzazioni convocate hanno unanimemente condiviso la necessità di agire sinergicamente al fine di garantire un maggior benessere organizzativo e strutturale, tenuto conto dell’importanza che le misure di sostegno al reddito assumono nel contesto napoletano. Al termine della riunione le organizzazioni sindacali hanno dichiarato di sospendere la procedura di conciliazione, in attesa di future interlocuzioni.
Il Comune ha offerto 25mila euro di straordinari
Negli scorsi giorni i sindacati avevano proclamato lo stato di agitazione degli Assistenti Sociali, degli Educatori e degli Psicologi del Comune di Napoli, dopo l'assemblea che si era tenuta il 1 marzo, "in quanto la già gravissima situazione in cui da troppo tempo versa l’organizzazione del lavoro è diventata, con l’assegno di inclusione (ADI), insostenibile".
"Pur apprezzando la disponibilità della Direzione Generale, che nell’ultima riunione per far fronte all’emergenza a messo a disposizione sin da subito 25.000 euro di straordinario, l’elevato numero di domande ADI, ad oggi oltre 25.000, ha reso il già precario sistema del welfare del Comune di Napoli, una bomba ad orologeria".
Il motivo della protesta? Come anticipato da Fanpage.it, è da ricercare nella modalità delle procedure previste:
Un sistema "precario, scrivono i sindacati, "gestire così tante pratiche (dietro ogni pratica c’è un nucleo familiare) in tempi strettissimi, oltre alle già gravose attività ordinarie, per di più in spazi inadeguati e angusti, comporta ritmi di lavoro al limite della decenza ed una continua violazione delle norme sulla privacy.
"Chiesto l'intervento della Polizia per le pratiche Adi"
Una situazione diventata insostenibile. Tanto, come raccontano i sindacati, che gli assistenti sociali sono stati costretti "più volte, a
ricorrere alle cure mediche, hanno chiesto, anche in occasione dell’attuale “tsunami” ADÌ, a tutela di quest’ultimi la presenza delle forze dell’ordine o delle guardi giurate, ma a tutt’oggi non hanno avuto riscontro".
Adesso, grazie all'intervento della Prefettura, si spera di trovare una soluzione. Tra le ipotesi c'è quella di chiedere al Governo una modifica alla norma, in modo da far partire i 90 giorni al momento del caricamento della domanda nel sistema e non da quando viene sottoscritto il patto.