“Arcangelo mi sfidava a sparare”: Renato Caiafa resta in carcere, può condizionare gli amici
La versione di Renato Caiafa sul ritrovamento dell'arma viene ritenuta totalmente inverosimile dagli inquirenti, secondo i quali anche gli amici hanno concordato una versione di comodo per non ammettere che quella pistola era già nelle disponibilità del gruppetto: è il ragionamento del gip che, pur non convalidando il fermo, ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del 19enne, in carcere per la detenzione e l'uso della pistola e indagato per la morte dell'amico, Arcangelo Correra, raggiunto da un proiettile in fronte nella notte del 9 novembre nel centro di Napoli, adiacente a via dei Tribunali.
Il ritrovamento della pistola
Renato Caiafa, prima agli inquirenti e agli investigatori e successivamente al gip, ha raccontato di non avere mai visto prima quella pistola. Di averla trovata in piazzetta Sedil Capuano, dove spesso stava con gli amici, e di averla impugnata credendo che si trattasse di una replica, di un giocattolo. Di averla maneggiata mentre Arcangelo, mostrando il petto, lo sfidava. E che si sarebbe accorto di avere tra le mani una pistola vera soltanto dopo il colpo, partito involontariamente, e dopo avere visto il sangue dell'amico.
Innanzitutto, rileva il giudice, quella pistola ha un grosso valore per i criminali, essendo un'arma con matricola abrasa, quindi non rintracciabile, e dotata di un caricatore esteso che può contenere 26 cartucce; di conseguenza, questo il ragionamento, non sarebbe stata lasciata su uno pneumatico alla portata di chiunque. Inoltre, prosegue il gip, sono le stesse condizioni del ritrovamento, così come descritte dal giovane, ad essere inverosimili: "Precisava che la piazza ove era avvenuto il ritrovamento fortuito dell'arma era illuminata, nonostante i fatti si siano svolti alle prime luci del giorno. Diceva che l'arma era visibile, nonostante fosse nera e fosse posizionato su uno pneumatico nero e nonostante nera fosse la notte".
Inoltre, dopo aver sparato, e dopo aver accompagnato l'amico al Pronto Soccorso, Caiafa è tornato a casa, si è cambiato i vestiti e ha chiesto allo zio di andare a recuperare sia lo scooter sia la pistola, lasciata a terra; alcune ore dopo, su impulso di una zia, si è presentato in Questura. Per il gip è un comportamento che non torna: non avrebbe avuto senso, spiega, "se quell'arma fosse stata rinvenuta per caso sulla pubblica via e non fosse stata riconducibile, al contrario, proprio a quei ragazzi e a chi quei ragazzi li aveva armati".
"Arcangelo mi sfidava a sparare mostrando il petto"
Caiafa ha raccontato che stava scherzando con Arcangelo Correra, che quest'ultimo lo sfidava a sparargli mostrando il petto, e che tutti i loro amici presenti erano consapevoli del gioco che stavano facendo. Tutti, ha detto ancora, guardavano verso di loro e, quando è stato esploso il colpo, gli hanno urlato "Cosa hai fatto?". Una versione che non combacia con quella fornita dagli altri ragazzi.
I giovani, infatti, hanno raccontato una storia che si discosta proprio nel momento dell'esplosione. Hanno infatti detto di non avere visto nessuna arma e di non avere visto nemmeno il momento dello sparo perché, in quel preciso istante, erano tutti voltati da un'altra parte. Per il gip si tratta di una versione inverosimile e fornita soltanto in chiave difensiva, ma anche questa circostanza ha portato all'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Caiafa:
Sono in corso le indagini sul fatto omicidiario ed è evidente che il Caiafa non deve poter entrare in contatto con i ragazzi che erano con lui quella sera, al fine di evitare che vengano concordate versioni di comodo. L'indagato, inoltre, come sopra sottolineato, nonostante il sequestro delle armi, ben potrebbe reperire altre armi sul mercato nero e continuare a detenerle, per poi usarle.