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Appalti delle Ferrovie a ditte del clan dei Casalesi, 59 rinviati a giudizio

Tutti a processo i 59 indagati per gli appalti Rfi pilotati: sarebbero stati assegnati al clan Schiavone dei Casalesi in cambio di mazzette e regali costosi.
A cura di Nico Falco
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Il giudice per le indagini preliminari di Napoli ha disposto il rinvio a giudizio per tutti i 59 indagati nell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sugli appalti di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) che sarebbero finiti a ditte collegate al cartello camorristico dei Casalesi; gli indagati sono in totale 68, gli altri 9 hanno scelto in processo con rito abbreviato.

I reati contestati agli imputati sono, a vario titolo, l'associazione camorristica, la corruzione, il riciclaggio, l'intestazione fittizia di beni, la rivelazione di atti coperti dal segreto delle indagini. Il dibattimento avrà inizio il 16 marzo 2023 nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), prima sezione, collegio C.

Appalti Rfi ai Casalesi, 59 indagati a processo

Figura chiave dell'inchiesta è Nicola Schiavone, considerato prestanome di Francesco Schiavone, alias Sandokan, capoclan dei Casalesi, che è stato anche padrino al battesimo del suo primogenito. Secondo gli inquirenti Nicola Schiavone avrebbe stretto contatti con figure apicali di Rfi in qualità di consulente delle ditte e grazie agli accordi col capoclan. Il cartello camorristico del Casertano avrebbe così messo le mani su diversi appalti in cambio di mazzette e regali, tra questi ultimi la vacanza di lusso in costiera offerta a Massimo Iorani, ex dirigente Rfi.

Le misure cautelari, a carico di 35 persone, erano state emesse lo scorso 3 maggio dal gip di Napoli Giovanna Cervo (17 in carcere, 17 ai domiciliari e un obbligo di presentazione), al termine dell'indagine coordinata dai sostituti della Dda di Napoli Antonello Ardituro e Graziella Arlomede. Tra i destinatari imprenditori ritenuti in affari con la fazione Schiavone del cartello dei Casalesi, "colletti bianchi" del clan e dirigenti all'epoca dei fatti contestati di Rfi.

Schiavone informato sulle indagini a suo carico

Un filone dell'inchiesta riguarda un episodio di rivelazione del segreto istruttorio in merito alle indagini in atto su Nicola Schiavone; coinvolti un carabiniere della Procura di Napoli e l'avvocato Matteo Casertano, che avrebbe rivelato la notizia al cugino imprenditore Crescenzo De Vito, che a sua volta avrebbe informato Schiavone. La sessa accusa per il bancario Francesco Chianese (per il quale è stata disposta l'interdizione dall'attività per 6 mesi), che avrebbe avuto pe primo la notizia dell'indagine e l'avrebbe rivelata a De Vito.

Gli appalti conquistati a suon di mazzette e regali

Tra gli arrestati, oltre a Nicola Schiavone, anche suo fratello Vincenzo Schiavone e Dante Apicella, già coinvolti nel maxiprocesso Spartacus. Secondo le accuse i fratelli Schiavone, insieme ad Apicella, grazie agli appalti erano riusciti ad assicurare la sopravvivenza del gruppo criminale, che negli anni era stato indebolito da numerose inchieste giudiziarie coi conseguenti arresti (e le successive condanne).

Per ottenere le commesse sarebbero stati effettuati regali costosi (gemelli d'oro Cartier da 600 euro, soggiorni da oltre 9mila euro in costiera sorrentina, anche "stipendi" di mille euro mensili). Tra gli appalti che sarebbero stati indebitamente assegnati figura quello delle centraline di sicurezza e della pavimentazione stradale.

Dei 35 arrestati, quasi tutti sono stati poi scarcerati dal Riesame o hanno avuto l'annullamento della misura, tra i quali Vincenzo Schiavone. Nicola Schiavone, inizialmente rinchiuso in carcere, era stato poi trasferito ai domiciliari e aveva ottenuto il dissequestro del suo patrimonio di quasi 50 milioni di euro.

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