Antonio Natale fu attirato in trappola e ucciso. E poi l’amico andò alla festa del boss
Dopo aver partecipato all'omicidio Antonio Natale, e avere lasciato il suo corpo esposto alle intemperie vicino ad un casolare in un terreno di Caivano (Napoli), Domenico Bervicato, che di quell'agguato viene considerato il mandante e organizzatore, andò alla festa di compleanno del boss di Acerra. Una decisione che, però, suscitò le ire del capoclan: "ma che si sono venuti a prendere l’alibi a casa dei malavitosi, ma questi sono scemi?". La circostanza viene ricostruita nell'ordinanza, che Fanpage.it ha potuto visionare, che ieri ha portato in carcere gli altri tre presunti componenti di quel commando.
La trappola per uccidere Antonio Natale
La morte di Natale, ricostruiscono gli inquirenti anche sulla scorta delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, era stata decisa da Domenico Bervicato, suo amico e "collega" nella piazza di spaccio, perché il 22enne era ritenuto ormai fuori controllo: stava guadagnando troppo spazio nel sistema droga di Caivano, aveva più volte sottratto soldi alla cassa comune e aveva fatto sparire un borsone contenente armi e 100mila euro in contanti.
Per l'omicidio Bervicato si sarebbe consultato con Bruno Avventurato, ai vertici del gruppo di camorra di Acerra dopo l'omicidio del fratello Giuseppe, che avrebbe messo a sua disposizione due killer: il 56enne Gennaro Pacilio, suo uomo di fiducia, e il 26enne Emanuele D'Agostino. La trappola era scattata il 4 ottobre, giorno del compleanno del capoclan e della scomparsa di Natale (il corpo sarebbe stato trovato soltanto un paio di settimane dopo nel terreno in località Cinquevie).
Il 22enne era uscito di casa con Bervicato, di cui si fidava, convinto che sarebbero andati a Napoli a comprare dei vestiti. Durante il tragitto l'amico però aveva deviato verso Acerra, col pretesto di dover ritirare ottomila euro per una vendita di droga ai fratelli Avventurato. In realtà erano soldi che aveva lui stesso fornito ai killer, insieme alle pistole. D'Agostino e Pacilio avevano chiesto un passaggio, dicendo di dover andare a Caivano, e si erano seduti con loro nell'automobile: il primo accanto a Natale, dietro, l'altro sul sedile passeggero, davanti.
All'altezza dell'asse mediano, l'agguato: Pacilio si era voltato e, tenendo la pistola all'altezza del cambio, aveva aperto il fuoco. A sparare sarebbe stato solo lui: la pistola di D'Agostino si sarebbe inceppata. Dopo i primi colpi il 26enne aveva sollevato il corpo di Natale, che nel frattempo aveva chiesto aiuto a Bervicato, e lo aveva tenuto fermo mentre il complice esplodeva il corpo di grazia, che andava a sfondare anche il finestrino dell'automobile.
L'alibi al compleanno del capoclan Avventurato
Il corpo era stato poi lasciato nel terreno, vicino al casolare. Pacilio era tornato a casa e, dopo essersi cambiato, era andato a cena con la moglie. Domenico Bervicato, invece, era andato in un ristorante di Polvica di Nola per il compleanno di Bruno Avventurato, invitato dal fratello Giancarlo, poi divenuto collaboratore di giustizia. In quella circostanza il capoclan avrebbe saputo dell'omicidio appena consumato e si sarebbe lamentato davanti a tutti: stavano usando la sua festa per crearsi un alibi.
A raccontare del ristorante era stata anche la compagna di Bervicato, ascoltata dai carabinieri. La ragazza aveva aggiunto che quella sera era stata contattata dalla compagna di Natale, che non riusciva a contattare il 22enne; Bervicato, aveva detto, aveva sostenuto di averlo riaccompagnato tra le palazzine del Bronx di Orta di Atella e dopo quella richiesta sarebbe andato via dalla festa di Avventurato per cercarlo, ritornando a casa soltanto alle quattro del mattino.