Ai Moccia gli appalti per l’Alta Velocità ad Afragola: i soldi del clan investiti nelle ferrovie
Il clan Moccia non aveva sviluppato soltanto un'ala militare, quella che serviva per controllare il racket delle estorsioni sul territorio e mantenere la propria egemonia nei confronti delle altre organizzazioni criminali, ma aveva costruito anche un'ala imprenditoriale, che rappresentava il vero core business della cosca di Afragola: imprenditori, colletti bianchi e funzionari corrotti, un sistema capace di aggiudicarsi appalti per milioni di euro e infiltrarsi anche in opere mastodontiche come la stazione dell'Alta Velocità. Emerge dall'operazione anticamorra contro il clan Moccia di oggi, 20 aprile, arrivata al termine delle indagini coordinate dalla Procura di Napoli e affidate ai carabinieri del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) e al Gico e allo Scico della Guardia di Finanza.
Blitz contro il clan Moccia: 57 misure cautelari, sequestri per 150 milioni di euro
All'alba i carabinieri hanno eseguito un ‘ordinanza per 57 indagati (per 36 disposto il carcere, per 16 gli arresti domiciliari e per 5 il divieto temporaneo di esercitare attività di impresa), contestualmente la Guardia di Finanza ha eseguito altre 2 misure di divieto temporaneo di esercitare attività di impresa e un decreto di sequestro preventivo d'urgenza di beni per 150 milioni di euro. Nel corso delle indagini, portate avanti tra il 2015 e il 2019, gli inquirenti hanno ricostruito il sistema Moccia e le sue articolazioni, compresi i gruppi satellite con cui la cosca teneva sotto controllo i comuni nei dintorni di Afragola (come quello di Casoria, affidato a Pietro Iodice, alias Pierino ‘a Siberia, tra i destinatari di misura cautelare)
Il clan Moccia e gli appalti per la stazione di Afragola
Il clan Moccia, hanno ricostruito gli inquirenti, era riuscito a mettere le mani anche sugli appalti di RFI (Rete Ferroviaria Italiana), compresi quelli relativi alla stazione dell'Alta Velocità di Afragola, snodo ferroviario che ha affiancato quello principale di piazza Garibaldi, a Napoli. Lo aveva fatto tramite imprenditori legati all famiglia che, in possesso di qualità, titoli e certificazioni antimafia, erano stati inseriti tra le imprese di fiducia di RFI.
In particolare, secondo l'accusa il clan, attraverso Raggruppamenti Temporanei d'Impresa formati di volta in volta da imprenditori compiacenti, si era aggiudicato i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di lotti in diverse parti d'Italia, investendo in questo modo i soldi provenienti dagli affari illeciti. Per infiltrarsi nel settore avevano utilizzato due dipendenti di RFI (oggi accusati di corruzione e destinatari di misura agli arresti domiciliari), che per agevolare le imprese collegate alla cosca di Afragola avrebbero intascato complessivamente 29mila euro.
RFI: "Noi parte lesa, pronti a sospendere contratti ancora attivi"
RFI fa sapere, con una nota, che uno dei due dipendenti indagati non fa più parte dell'organico, mentre nei confronti dell'altro sono state già attivate "idonee procedure" e che l'azienda si riserva "ogni ulteriore iniziativa non appena disponibili le informazioni occorrenti". "RFI, che comunque nella vicenda si ritiene parte lesa – si legge – si attiverà per avere evidenza degli atti al fine di conoscere il nome delle ditte coinvolte nell’inchiesta e il loro ruolo negli appalti. A quel punto potrà adottare, anche nei loro confronti, le più appropriate iniziative che possono includere l’inibizione dal sistema di qualificazione e la sospensione dei contratti eventualmente ancora attivi".
(articolo aggiornato alle 20:16 del 20 aprile 2020)