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Addio a Diana Biondi, il dolore dei colleghi d’università: “Basta. Parliamoci e aiutiamoci”

Dolore fra i colleghi di Diana Biondi, studentessa di 27 anni, il cui corpo è stato ritrovato in un burrone a Somma Vesuviana, dopo due giorni di ricerche.
A cura di Valerio Papadia
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C'è dolore e sconforto per la morte di Diana Biondi, giovane donna di 27 anni, il cui cadavere è stato trovato ieri (mercoledì 1 marzo) a Somma Vesuviana, cittadina del Napoletano nella quale viveva con la famiglia: il corpo è stato ritrovato dai carabinieri, impegnati nelle sue ricerche da due giorni, in un dirupo; le indagini vanno avanti, ma da una prima ricostruzione sembrerebbe che la 27enne si sia gettata nel vuoto, togliendosi la vita.

Da quanto apprende Fanpage.it da fonti universitarie, Diana non aveva completato il suo percorso di studi alla Facoltà di Lettere dell'Università Federico II di Napoli quindi non era nelle condizioni di sostenere la discussione della tesi di laurea.

La circostanza – come se non bastasse la morte in sé di una ragazza di 27 anni – ha fatto scendere un pesante velo di tristezza sui suoi colleghi, le studentesse e gli studenti che frequentano l'ateneo napoletano e che, magari, conoscevano anche personalmente Diana. E sono proprio loro, i ragazzi e le ragazze della Federico II, all'indomani del ritrovamento del cadavere di Diana Biondi, ad affidare alla pagina Facebook "Spotted: Unina" (che raccoglie segnalazioni anonime degli studenti dell'ateneo) tutto il loro sconforto per l'ennesima vita spezzata.

«Non ce la faccio più». Inizia così il post, che poi prosegue:

Non ce la faccio più a sopportare il peso di leggere di persone, miei coetanei e non, che hanno scelto di togliersi la vita perché sopraffatti dalla pressione sociale universitaria. Basta, sta diventando straziante.

Quanti altri ragazzi dovremmo salutare prematuramente, prima che qualcosa cambi per davvero?

Quanta altra retorica dovremmo leggere, prima ancora che qualcuno cominci a fare qualcosa sul serio?
Basta. Parliamoci, guardiamoci, aiutiamoci».

Diana aveva detto di essere in facoltà. Poi ha smesso di rispondere

La mattina di lunedì 27 febbraio, giorno in cui si sono perse le tracce della ragazza, Diana aveva detto alla famiglia che si sarebbe recata in facoltà, a Napoli, per sbrigare alcune faccende relative alla tesi di laurea e che sarebbe tornata nel primo pomeriggio. Quando non l'ha vista rincasare, il padre le ha telefonato, ma il cellulare risultava irraggiungibile. Sarebbe stata Diana, con un messaggio, a rassicurarlo, dicendogli che si trovava nella biblioteca universitaria.

Quando il ritardo è però diventato considerevole, il padre ha provato a chiamarla nuovamente: in risposta avrebbe ricevuto soltanto un messaggio in cui la 27enne lo informava di non poter parlare. Poi più nulla: da quel momento in poi, per i successivi due giorni, il cellulare della studentessa è stato sempre non raggiungibile, fino al tragico epilogo e alla scoperta del suo cadavere.

Il cordoglio per la morte di Diana Biondi

Oltre allo sfogo dei colleghi e coetanei di Diana Biondi, subito dopo il ritrovamento del cadavere sono arrivate anche le parole del sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno: «È il momento di essere comunità e raccogliersi attorno alla famiglia di Diana e stringerli in un abbraccio forte. Non lasciamoci andare a considerazioni e giudizi. Lasciamo agli inquirenti la ricostruzione degli eventi» ha scritto il primo cittadino.

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