Ad Avellino i funerali di Aldo Gioia, ucciso dal fidanzato della figlia con la complicità di lei
Sono cominciati alle 15 i funerali di Aldo Gioia, il 53enne ucciso a coltellate lunedì scorso, 23 aprile, nella sua abitazione. Nella chiesa di San Ciro, in viale Italia, circa 100 persone: capienza massima consentita per le norme anti Covid. In FCA, dove la vittima lavorava, i colleghi hanno deciso di ricordarlo con un minuto di silenzio su tutti i turni di lavoro.
Per la morte di Gioia sono in carcere la figlia Elena, 18 anni, e il fidanzato di lei, Giovanni Limata, 23 anni; il ragazzo, rintracciato poche ore dopo nella casa del padre a Cervinara (Avellino), avrebbe confessato agli agenti della Squadra Mobile di avere colpito il 53enne dopo avere pianificato con la ragazza l'assassinio dell'uomo, della moglie e dell'altra figlia. Ieri i due hanno sostenuto l'interrogatorio di convalida; il gip ha confermato gli arresti, dopo l'udienza entrambi sono tornati nel carcere di Avellino.
Ieri è stata anche la giornata dell'autopsia: secondo il referto del medico legale incaricato, Aldo Gioia è stato ucciso con 14 fendenti, inferti con un coltello da caccia; ha provato a difendersi, altre ferite sono state trovate sulle mani e sulle braccia. Il 23enne ha raccontato che a pianificare l'assassinio sarebbe stata la fidanzata e che il piano originale comprendeva che venissero uccise anche la moglie del 53enne e l'altra figlia; probabilmente a salvare loro la vita è stato lo stesso Aldo, gridando durante l'aggressione e mettendo in fuga il ragazzo.
La figlia Elena, che sempre secondo la versione fornita dal fidanzato era uscita di casa con un pretesto e gli aveva lasciato appositamente la porta aperta, era rientrata subito dopo e aveva chiamato i soccorsi, parlando di una fantomatica irruzione da parte di ladri; Gioia è morto poco dopo, al Pronto Soccorso. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti l'uomo sarebbe stato ucciso perché la sua famiglia, e lui in particolare, si opponeva alla relazione tra i due ragazzi, non ritenendo Limata affidabile.
Il sacerdote nell'omelia: "Non possiamo rimanere prigionieri della morte"
Durante l'omelia il parroco, don Luciano Gubitosa, ha detto che "non possiamo rimanere prigionieri della morte" e ha ringraziato "questa moglie, questa madre, per le sue poche parole che fanno vedere la possibilità di andare oltre. C'è un residuo di umanità a cui dobbiamo aggrapparci". La donna aveva detto nei giorni scorsi di voler rimanere accanto alla figlia, per non abbandonarla nonostante la strage pianificata. Di contro, il parroco ha parlato dei messaggi di condanna lanciati, anche tramite i social, con crudezza e brutalità verso Elena e Giovanni Limata: "una parte della città è superficiale – ha detto – ho letto commenti che dimostrano questa superficialità".
Indagini per scoprire eventuali complici del delitto
Gli inquirenti stanno ancora ricostruendo quello che è successo quella sera, subito dopo il delitto. È infatti emerso che Elena avesse preparato quattro zaini, con l'intenzione di allontanarsi da casa, e che Giovanni aveva insistito per andare a casa sua o comunque lontano da Avellino. Ma nessuno dei due guida né ha un'automobile a disposizione, gli inquirenti si chiedono quindi come avessero programmato di spostarsi. Non è inoltre chiaro come il ragazzo avesse raggiunto Cervinara, dove i poliziotti lo hanno arrestato.