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A Napoli smantellata una delle più grandi IpTV illegali. Il pezzotto aveva 6mila clienti che saranno multati

Smantellato uno dei più grossi “pezzotti” italiani: l’IpTv serviva a guardare film e partite. La Guardia di Finanza sa anche i nomi degli utenti che hanno pagato per il servizio illegale.
A cura di Cir. Pel.
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Era una delle più grandi IpTv illegali d'Italia e lo dimostrano i numeri: oltre 6.000 abbonati che – con prezzi variabili tra 10 euro mensili e 80 euro annuali – fruivano di serie A live in streaming, tutto lo sport, film di prima visione, inclusi palinsesti televisivi, serie TV e altri prodotti delle principali piattaforme di streaming italiane ed estere.

Oggi il "pezzotto" è stato spento dopo una operazione della Procura della Repubblica di Napoli, condotta col Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, in collaborazione con il Nucleo Frodi Tecnologiche di Roma che hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal Gip del Tribunale partenopeo. L'organizzazione è stata smantellata partendo dai vertici: tre persone sono gravemente indiziate di far parte, a vario titolo, di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di diritto d’autore e al re-investimento dei relativi proventi illeciti.

Il promotore dell’associazione è anche coinvolto nella commercializzazione di materiale pedopornografico. Quest'ultimo, secondo le indagini della Sezione III – Criminalità Economica della Procura,, agendo sotto falsa identità, promuoveva l'Iptv illegale tramite il web e i social network. Per la gestione dell’Iptv, il dominus aveva due complici che si occupavano di reclutare i clienti e fornire loro assistenza tecnica (installare chiavette per smartTv o configurare la tv via internet sui server). Il numero uno dell’organizzazione è finito in carcere, mentre i due complici sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.

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L'elenco degli utenti del pezzotto: multe tra 150 e 5mila euro

Ora si seguono i soldi. Che hanno una linea ben più chiara e lasciano tracce più forti dei canali in streaming web e portano, inevitabilmente, a chi della ipTV si serviva. Infatti sono stati identificati oltre 6mila utenti privati che hanno avuto accesso a contenuti non autorizzati tramite 46 siti web, di cui 19 sono stati disabilitati durante le indagini e 27 sono stati sequestrati ora, 18 dicembre. Tra questi, spicca il cosiddetto "sito madre", che indirizzava gli utenti a nuovi indirizzi web ogni volta che la pagina originale veniva oscurata. Gli abbonamenti venivano inizialmente pagati in contanti o tramite conti bancari italiani ed esteri. Successivamente, circa 2mila utenti hanno effettuato pagamenti in criptovalute, depositate in 64 wallet digitali ora sottoposti a congelamento. Il giro d’affari era importante: 850.000 euro in 4 anni.

Ora, secondo le nuove leggi in materia di protezione del copyright e di lotta allo streaming illegale, nei guai ci finiscono anche i clienti del servizio. Secondo la nota di Procura e Gdf gli utenti potranno essere identificati e a loro saranno applicate sanzioni amministrative che variano tra i 150 e i 5mila euro.

Nel business illegale anche il porno, cripto e cannabis

Il principale indagato, che non ha mai presentato la dichiarazione dei redditi, utilizzava la piattaforma anche per diffondere contenuti per adulti. Durante la perquisizione della sua abitazione, sono stati trovati circa 1.600 file pedopornografici, commercializzati attraverso gruppi WhatsApp con l’ausilio di un listino prezzi e di un conto dedicato. Per identificare e catalogare i file, è stata utilizzata una metodologia innovativa di analisi forense, che ha permesso di confrontare le tracce digitali dei file con codici hash già riconosciuti a livello internazionale come materiale pedopornografico.

Per diversificare i profitti c'era un po' di tutto nel locale sequestrato. Nel corso delle perquisizioni sono stati individuati e messi sotto sigilli, infatti, una sala server illegale, moderni apparati informatici per la generazione di criptovalute e una serra indoor per la coltivazione di cannabis, dotata di sistemi di irrigazione, illuminazione e termostato. La serra era collocata negli stessi locali utilizzati come centrale operativa del maxi-pezzotto per lo streaming televisivo.

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