“A Napoli si muore a tarallucci e vino…” Massimo Troisi anni fa cantava la città di oggi
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Erano gli anni Settanta, sono passati oltre quarant'anni. E la Napoli di oggi è ancora quella cantata una sera da La Smorfia di Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro che sulla Prima rete (quella che poi diventò Rai 1) in un programma televisivo che ha fatto epoca, "Non stop" di Enzo Trapani, portarono in scena la realtà dei vicoli partenopei.
Lo fecero per una volta senza ironie, diversamente dal solito, usando la musica e prendendo in prestito le parole di una bella canzone, "Tarallucci e vino", scritta da Claudio Vettese e rimasta indelebilmente incollata alla storia meravigliosa di quel trio comico degli anni Settanta e Ottanta.
La canzone altro non fa che ricordare la città oltre l'oleografia e gli stereotipi, una prerogativa della comicità di Troisi prima e dopo la Smorfia.
Ecco il testo della canzone, dunque. Nell'esibizione televisiva Decaro suonava la chitarra, Arena la tammorra e Troisi il triccheballacche, uno strumento popolare tipico delle tarantelle e molto usato in Campania, in Salento, in Calabria, nelle Puglie.
Sei bambini in un basso sporchi ed affamati
gli occhi pieni di paura,
con le mani cercavano un pezzetto di pane nei sacchetti della spazzatura.
Ho provato a dargli una fetta di mare, un raggio di sole e una canzone!
Ma il sole ed il mare da soli non bastano per poter campare…
Tarantelle, canzoni, sole e mandolino a Napoli si muore a tarallucci e vino!
Le strade crollano, il mare inquinato, case come prigioni, m’hanno licenziato!
Però in Galleria che soddisfazione, la gente è felice e parla di pallone. Però Napoli è sempre il paese del mare e perciò si capisce ci si deve arrangiare… "
Cori: ‘o mattino" " ‘e fravaglie" " ‘e treglie" " ‘e pummarole" Napule è ‘o paese d’o sole mio…