A 16 anni killer dell’amico su ordine del boss: “Mi hanno detto che non rischiavo niente”
Gli avrebbero messo una pistola in mano e gli avrebbero detto di ammazzare l'amico di pochi anni più grande, dopo averlo rassicurato: era una cosa che si doveva fare, e avrebbe dovuto pensarci lui perché, in quanto minorenne, non avrebbe rischiato nulla. Brandelli della confessione che il 16enne, accusato dell'omicidio di Genny Ramondino, ha reso nel corso dell'interrogatorio in presenza dell'avvocato difensore Antonella Regine. Il giovanissimo era già nell'istituto minorile di Nisida, accusato di avere partecipato ad un tentato omicidio con altri ragazzi, maggiorenni, legati al gruppo di Massimiliano Santagata, ritenuto baby boss di Pianura e attualmente detenuto proprio per quella vicenda.
Ucciso e bruciato a Pianura, arrestato 16enne
Il 16enne, appartenente a una nota famiglia criminale del vicino Rione Traiano, era indagato a piede libero; il 18 ottobre è stato raggiunto dalla nuova misura cautelare. Nelle scorse settimane era stato sottoposto a fermo di pm un 30enne di Pianura, accusato di favoreggiamento e occultamento di cadavere: non avrebbe preso parte all'omicidio ma alle fasi successive, quando il corpo di Ramondino è stato portato in un'area di campagna e dato alle fiamme.
Secondo il racconto del 16enne, citato da Il Mattino e Repubblica, il 16enne avrebbe confessato di avere sparato a Ramondino all'improvviso, mentre si trovavano nel sottoscala di un edificio di via Napoli, usato dai clan come piazza di spaccio; un primo colpo andato a vuoto, almeno un altro al petto. Lo avrebbe fatto, nonostante fosse un suo amico, perché questo prevedono le dinamiche dei clan. Si sarebbe però rifiutato di bruciare il corpo.
L'omicidio nella piazza di spaccio chiusa da don Coluccia
Il luogo dell'omicidio è stato individuato in via Comunale Napoli, al civico 93. Un indirizzo ben noto alle forze dell'ordine: lì si trova una delle principali piazze di spaccio del quartiere Pianura. E lì, a luglio, c'era stato anche don Antonio Coluccia, sacerdote vocazionista di San Giustino e “prete di strada”, che, insieme alla Polizia di Stato, megafono alla mano, aveva "occupato" l'area impedendo la vendita di droga. Probabilmente, ad ascoltarlo nei palazzi, c'era anche chi, due mesi dopo, avrebbe partecipato all'omicidio.
Gennaro Ramondino sarebbe stato ammazzato proprio per questioni relative alla spartizione degli introiti della vendita di stupefacenti. Il ventenne, secondo le informative di polizia, era ai vertici della "paranza dei bambini" di Pianura, composta da giovanissimi che avrebbero guadagnato spazio nel quartiere dopo che i clan principali, i Carillo-Perfetto e i Calone-Marsicano, erano stati decimati dagli arresti.
Dopo l'arresto di Massimo Santagata, ritenuto a capo di quella banda, il manipolo si sarebbe ritrovato allo sbando e diversi dei componenti si sarebbero avvicinati ai Carillo-Perfetto; pochi giorni dopo a Pianura erano state segnalate le "sfilate" di giovanissimi armati. L'uccisione di Ramondino sarebbe da collocare in questa nuova fase di vuoto di potere e di ricollocamento.
I colpi di pistola e la scia di sangue tra i palazzi
Il complesso di via Comunale Napoli è composto da un campetto e un'area comune circondata da quattro palazzi, il sottoscala si trova alla base di uno di questi. L'omicidio è avvenuto nella notte del 31 agosto, il corpo bruciato è stato rinvenuto il giorno successivo in un'area di campagna di via Torre Poerio. Impossibile non sentire i colpi dall'esterno. Impossibile non vedere il corpo che è stato trascinato fino alla strada, per essere caricato in un'automobile.
E impossibile, ancora, non vedere chi dopo si è occupato di cancellare la lunga scia di sangue con la candeggina, mentre il cadavere veniva trasportato a diversi chilometri per poi essere abbandonato e bruciato. Chi ha ritenuto che quello fosse un luogo adatto per l'omicidio, evidentemente, ha contato sulla paura: chiunque avesse visto, avrebbe tenuto la bocca chiusa.