La videochiamata dell’assassino di Giogiò Cutolo dal carcere alla nonna è un caso: Nordio apre indagine

«Vi amo»; «Tutto passa»; «Un legame che durerà in eterno». Stavolta è la nonna del killer che, a 16 anni, impugnò una pistola e uccise l'innocente Giovanbattista Cutolo, "Giogiò" giovane musicista napoletano, la notte del 31 agosto 2023, a pubblicare sui social network videochiamate dal carcere col nipote, effettuate con Whatsapp. Il minore che nell'estate 2023 ha assassinato il 24enne per futili motivi, lo scorso anno è stato condannato dal Tribunale per i Minorenni 20 anni di reclusione.
Dopo aver visionato le immagini sui social, la mamma della vittima Daniela Di Maggio si è infuriata, sollevando il caso e chiedendo con forza interventi istituzionali: «In quelle immagini – ha detto – c'è il killer di mio figlio. La nonna mette in rete videochiamate dal carcere e le fa fare contemporaneamente all'altro nipote detenuto. Ci rendiamo conto dal carcere cosa esce in maniera irriverente contro le vittime e a favore dei carnefici? Dove andiamo a finire?».
Ieri, dopo la bufera mediatica conseguente la denuncia del fatto, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato provvedimenti:
Con riferimento alla videochiamata fatta alla nonna dal killer del giovane musicista napoletano Giogiò Cutolo, immediatamente diventata virale sui social, il ministro Nordio ha chiesto riscontri in sede amministrativa per accertare se le immagini e le riprese diffuse sui social siano state effettuate dalla Casa circondariale di Catanzaro, nel corso del colloquio a distanza con i familiari del detenuto.

Colloqui Whatsapp autorizzati, vietata registrazione e diffusione social
Il Ministero della Giustizia spiega: «Effettivamente risultano regolarmente autorizzati videochiamate e colloqui tramite l'applicativo Whatsapp tra il detenuto e i familiari; pertanto, la Direzione ha prontamente segnalato alla locale Procura nonché al magistrato di Sorveglianza, per quanto di rispettiva competenza, la vicenda in relazione sia alla diffusione illecita del video sia alle modalità fraudolente di captazione del colloquio, che in ogni caso non poteva essere registrato dagli interlocutori».