La notte del Parco Verde di Caivano dopo gli sfratti: “Perché per noi non esiste perdono?”

Sono ormai diversi giorni che le famiglie sfrattate dalle case del Parco Verde di Caivano dormono per strada. Si organizzano come possono e sperano di poter ricevere supporto anche dalla Presidente Giorgia Meloni.
A cura di Gaia Martignetti
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Le famiglie sfrattate sfilano nel Parco Verde
Le famiglie sfrattate sfilano nel Parco Verde

«Chi ha sbagliato paga con la legge, la giustizia e il tribunale. Non dobbiamo essere condannate noi a vita, mamme e figlie. Altrimenti il carcere a che serve?». La notte cala presto sul Parco Verde di Caivano. Anche se qualcuno giura di non aver mai visto il sole. A illuminare i palazzoni poco distanti dalla chiesa di don Maurizio Patriciello, ci sono solo le luci delle sirene delle forze dell'ordine. La città è blindata. Decine di persone sfilano addentrandosi nei viali dove c'erano le loro case.

Alla fine del mese di novembre,  con un poderoso blitz delle forze dell'ordine diverse famiglie sono state sfrattate, per occupazione abusiva. Un iter che ha generato diverse polemiche, tra chi chiede di non finire in mezzo a una strada e chi sostiene, forte anche della decisione dello Stato, che quelle case vadano agli aventi diritto. E tra chi è stato cacciato da quelle abitazioni, ci sono casi che non renderebbero possibile la regolarizzazione: o per reddito o per pesanti precedenti penali.

«Il Parco Verde è un marchio. Le mie figlie non devono avere un marchio perché hanno un padre detenuto», ripetono esasperate le donne che sfilano in corteo. Diverse di loro hanno un passato che pesa ancora di più da quando dormono in strada. Perché per loro non sembra poter esistere perdono. Lo ripetono in continuazione. «Che mamme siamo? I nostri figli, che figli sono?». Da giorni dal freddo le ripara una tenda o un fuoco improvvisato. E qui, nel cuore di quella un tempo definita la più grande piazza di spaccio d'Europa, altro non riescono a fare che ripercorrere tutta la loro vita.

Le tende delle famiglie sfrattate a Caivano
Le tende delle famiglie sfrattate a Caivano

«Ho sbagliato, ho chiuso, oggi lavoro. Mi sacrifico, cresco due bambine da sola. Mi sento una mamma persa. Non posso guardare i miei figli negli occhi». Le loro vicende non sono custodite solo in un casellario giudiziario o nei racconti di figli che non vedono i padri da tempo. Ma in una frase: «Dopo quarant'anni si sono ricordati che siamo abusivi?».

La notte è scandita da persone che portano cibo o da bere in segno di solidarietà. A sostenerle c'è anche Bruno Mazza, dell'associazione "Un'infanzia da vivere". Più passano le ore, più il freddo si fa sentire. Poche tende e qualche piumone fanno da cornice a cartelli che sembrano sapere a chi rivolgersi. «Togliendo la casa ai poveri non sei mamma, non sei donna, non sei cristiana». Il riferimento è alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a cui è stata indirizzata anche una lettera. Accanto a questo cartello, pochi altri e una bandiera con la falce e il martello. Simboli che forse hanno un effetto solo su chi osserva.

L'unica preoccupazione è infatti per i loro figli e nipoti. Ma anche per un destino che sembra non dar loro via d'uscita. «Perché per tutti c'è il perdono, perché a noi no?». Una frase che ripetono in continuazione, ripercorrendo le fasi della loro vita, stravolta da un blitz. Giorgia Meloni l'ha chiamata Fase 2. Alcune mamme, pensando che le colpe dei genitori non dovrebbero mai ricadere sui figli, sussurrano: «Questa non è legge».

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