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“Delitto Falvella mito fondativo della destra. A Salerno negli anni troppa tolleranza su certe commemorazioni”

Il giornalista Massimiliano Amato analizza gli anni dell’omicidio Falvella e come si è arrivati alla commemorazione di oggi con saluti romani e gergo nostalgico.
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«Nel paradigma vittimario della destra, l‘omicidio di Carlo Falvella nel 1972 a Salerno, è importante. Probabilmente è secondo solo a quello dei fratelli Mattei a Primavalle del '73. Occorre dire anche che certe manifestazioni come quella di domenica scorsa in pieno centro salernitano sono fuori dal tempo. Trovo quanto meno bizzarro che ragazzini di vent'anni diano vita a cortei del genere. Io domenica ero sul Corso, ho visto la scena. E sembrava una cosa vecchia di un secolo. Che senso ha per un ventenne irregimentarsi, scattare sull'attenti, scandire "presente" e alzare il braccio nel saluto romano?».

Massimiliano Amato è condirettore di "Critica Sociale", la rivista socialista fondata da Filippo Turati con Anna Kuliscioff; di recente è uscito il suo libro su "Gracceva, la vita del partigiano che salvò Pertini e Saragat". Amato è di Salerno e ne conosce bene la storia passata e recente. A lui Fanpage.it chiede di tracciare un quadro che aiuti a contestualizzare la recente commemorazione "nostalgica" (ad usare un eufemismo) di Carlo Falvella, il militante dell'Msi ucciso a 19 anni da un anarchico negli anni Settanta.

Amato, questa commemorazione a Salerno c'è sempre stata o è una idea degli ultimi anni?

«C'è sempre stata. In alcuni anni in tono minore, in altri più plateale. Quest'anno abbiamo avuto due commemorazioni. La seconda è quella che vediamo dalle immagini di Fanpage con saluto romano e "presente!". Ma in mattinata ce n'era stata un'altra diciamo "istituzionale", di Fratelli d’Italia, con dirigenti e parlamentari, senza certi gesti o parole d'ordine».

È così sentita la memoria di Falvella a Salerno?

«C'è una ambiguità di fondo in questa vicenda. Il delitto Falvella rappresenta un mito fondativo per la destra salernitana, sia quella estrema che quella che oggi diciamo è "in doppiopetto". E la vicenda è stata anche un mito fondativo al rovescio per la sinistra extraparlamentare».

In che senso?

«Il processo a Giovanni Marini, poi accusato e condannato per l'omicidio di Falvella, all'epoca generò una mobilitazione della sinistra extraparlamentare. Arrivò Giuliano Spazzali, legale di Soccorso Rosso Militante, Dario Fo e Franca Rame si schierarono per una campagna tesa a dimostrare l'innocenza di Marini. Tutto ruotava sul fatto che Falvella fosse morto a seguito di una rissa, non per un agguato organizzato. Secondo la difesa si trattava d'uno scontro tra studenti del Fuan e anarchici, durante il quale spuntò il coltello che ferì Falvella all'arteria femorale lo fece morire dissanguato. Invece il Partito Comunista Italiano, poche ore dopo la morte del ragazzo, con un manifesto aveva condannato con forza l'assassinio, prima ancora di conoscere le modalità. Il processo durò a lungo, fu spostato per motivi di ordine pubblico da Salerno a Vallo della Lucania. Per difendere Marini arrivarono padri costituenti come Umberto Terracini, uno dei principali dirigenti del Pci. E nel collegio di difesa ricordo anche Marcello Torre che nel 1980 fu poi fu ucciso dalla camorra di Cutolo».

Erano gli anni Settanta…

«Già. Sull'assetto politico di Salerno – che a metà degli anni Ottanta cambia segno politico, da Dc e destra diventa di sinistra – credo sia pesato anche l'atteggiamento che maturò dopo l'omicidio Falvella. Un misto tra senso di colpa e senso legalitario, dove invece per la sinistra extraparlamentare si era trattato di un incidente. In quella fase si innestavano anche dinamiche perverse. Terribili, con logiche aberranti».

Ma oggi, anno 2024, com'è possibile che in pieno centro a Salerno sfilino militanti di estrema destra vestiti di nero, come un plotone, che facciano il saluto romano e gridino il «presente!»?

«C'è stato un rilassamento, una tolleranza che si è andata stratificando negli anni. Anche da parte della sinistra di governo salernitana. D'altronde, in via Velia c'è un monumento a Falvella, voluto da una amministrazione di centro-sinistra. Sia chiaro, non sono contro il ricordo. Ma dico che diventa poi "attrattivo" per un certo tipo di manifestazione».

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