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Negare i fondi per le vittime di mafia a chi ha parenti indagati è incostituzionale: la sentenza

La Corte Costituzionale si è espressa su un articolo del decreto legge 2 ottobre 2008 che poneva la condizione ostativa per i superstiti delle vittime di mafia e terrorismo.
A cura di Nico Falco
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Negare i benefici previsti per i superstiti delle vittime di criminalità organizzata e terrorismo a chi ha parenti sottoposti a misure di prevenzione o indagati per alcuni tipi di reato è incostituzionale: lo ha stabilito la Corte Costituzionale, con la sentenza numero 122, depositata oggi, 4 luglio; per i giudici la condizione ostativa, riferita a parenti e affini e non direttamente ai superstiti delle vittime, va oltre la finalità di procedere a una verifica rigorosa dell'estraneità dei beneficiari al contesto criminale.

L'articolo che è stato decretato incostituzionale è il 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 2008, che indica i "Limiti alla concessione dei benefici di legge ai superstiti della vittima della criminalità organizzata" e spiega che i benefici possono essere concessi a condizione che:

il beneficiario non risulti coniuge, (( convivente, parente o affine entro il quarto grado )) di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento per l'applicazione o sia applicata una misura di prevenzione di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

La Corte di Appello di Napoli si era espressa sulla condizione ostativa, ritenendola irragionevole e lesiva del diritto di difesa, in merito alla posizione dei parenti e degli affini fino al quarto grado. La Corte Costituzionale, nell'accogliere la questione così sollevata, ha osservato che la condizione ostativa, nella sua rigidità, travalica la finalità della verifica rigorosa dell'estraneità dei beneficiari a contesti criminali, che viene già imposta dalla disciplina vigente e richiede la radicale estraneità dagli ambienti criminali. Secondo la Corte "i vincoli di parentela o di affinità richiedono un vaglio ancor più incisivo sull'assenza di ogni contatto con ambienti delinquenziali, sulla scelta di recidere i legami con la famiglia di appartenenza, su quell'estraneità che presuppone, in termini più netti e radicali, una condotta di vita incompatibile con le logiche e le gerarchie di valori invalse nel mondo criminale".

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