Mu’ammar Gheddafi: “leader fraterno” o “cane pazzo”?
Che Gheddafi fosse, per così dire, un dittatore eccentrico, era risaputo in tutto il mondo e soprattutto qui in Italia abbiamo avuto più volte la "fortuna" si assistere alle sue esibizioni: durante le ultime visite all'amico Silvio Berlusconi, soleva arrivare nel nostro paese con tanto di tende e cammelli al seguito, con una scorta femminile, le cosiddette "Amazzoni", ed durante le quali teneva "interessanti" convegni, seminari sull'Islam a ragazze radunate con l'aiuto di alcune agenzie: "Convertitevi e seguite l’ultimo dei Profeti, Maometto" ammoniva le hostess, "l'Islam diventi la religione d'Europa" tuonava in una delle sue affermazioni bislacche più note.
Che però fosse l'esempio perfetto del tiranno modello, che seguisse punto per punto il "manuale del tiranno cattivo" molti non lo immaginavano. Certo, alcune "qualità" del dittatore le conoscevamo già (il culto della personalità, la conversione della Libia in un'azienda familiare, le pretese dinastiche, la repressione degli oppositori politici). Ora sappiamo anche che è un sanguinario, che in un disperato tentativo di non perdere il potere, sta massacrando la sua stessa gente bombardando la capitale del suo paese.
Cos'altro sappiamo di Muamar Gheddafi? Il dittatore è nato il 7 giugno 1942 in un accampamento beduino vicino alla città di Sirte, quando il paese era ancora una colonia del regno d'Italia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Libia, un paese totalmente devastato, fu "consegnata" al re Idris, amico delle potenze vincitrici. Il giovane Gheddafi, militare d'accademia, era cresciuto con il sentimento che univa la società libica, un anticolonialismo furioso che portò al colpo si stato del 1969 contro la monarchia. Nonostante avesse solo 27 anni gli ufficiali lo nominarono, per le sue doti carismatiche, presidente del paese.
In Libia erano state appena scoperte enormi riserve di petrolio che permisero a Gheddafi di creare un regime basato sui servizi sociali gratuiti , sul codice morale islamico e sul nazionalismo panarabo. Imitando Mao, uno dei suoi modelli, pubblicò tra il 1972 ed il 1975 il Libro Verde, nel quale espose i principi teorici della Jamahiriya, come ha rinominato il suo paese il dittatore, definita come la "democrazia perfetta". Così perfetta che Gheddafi, che si definisce "leader fraterno", presidente e capo supremo delle forze armate è stato così umile e democratico da non esigere nemmeno un grado superiore a quello di colonnello, visto che in una società come la Libia, dove il potere, secondo il dittatore, è esercitato direttamente dal popolo, non hanno senso le tradizionali gerarchie.
Nota è anche la sua intensa quanto a dir poco controversa attività diplomatica: ha cercato di unire la Libia all'Egitto, Siria, Tunisia e Sudan; ha invaso il Ciad; ha appoggiato le tre tirannie africane postcoloniali più sanguinose (Bokassa nell'Impero Centroafricano, Idi Amin in Uganda e Mobutu in Zaire); ha finanziato senza discriminazioni ideologiche qualunque gruppo terrorista o guerrigliero che gli chiedesse sostegno (l'unico requisito per ricevere i finanziamenti era dichiararsi anticolonialista e antimperialista).
Alleato di Mosca, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, ha dovuto scegliere tra il tanto odiato imperialismo americano ed il pericoloso integralismo islamico, scegliendo il male minore pur di restare il leader della Libia. Così ha sopportato un bombardamento ordinato dal presidente statunitense Reagan (che lo definì un "cane pazzo"), nel quale morì una sua figlia adottiva di 4 anni, rinunciò a combattere il neocolonialismo e si unì alla "guerra al terrorismo" di George W. Bush tanto da essere invitato da Berlusconi al G-8 del 2009.
Ultimamente, poco prima delle dimissioni di Mubarak, ha appoggiato l'ex presidente egiziano criticando i cittadini d'Egitto di non aver compreso i sacrifici fatti dal loro leader. Evidentemente neanche i libici hanno capito il "sacrificio" di Gheddafi.